Sei in: Home page - domenica 6 ottobre 2024
Stampato in anticipo, all’inizio dell’estate, a causa degli annunciati aumenti autunnali dei costi tipografici, ecco il Quaderno del Tex n. 5, un’appuntamento cui tengo moltissimo verso il quale do davvero anima e cuore. In tanti mi chiedono di continuare, beh io non mollo, anche se, ammettiamolo, gli argomenti su Tex non sono infiniti e dunque non so per quanto tempo potrò andare avanti. L’idea è quella di “spostare” l’attenzione anche su altre testate di fumetto, non necessariamente Bonelli, e infatti sto già mettendo a punto la stesura del 6° Quaderno nella quale ho per ora tirato dentro la Zenith Gigante II^ Serie e almeno una collana della Dardo, forse la gloriosa Supereroica. Ma vediamo, manca ancora un anno e non vorrei fare i conti senza l’oste: con Tex le sorprese sono sempre in agguato!
Per questo numero, ovviamente parliamo di tirature ridottissime, da rivista da supernicchia che porta solo remissione, almeno come tutte quelle opere filantropiche che riguardano il fumetto. Suvvia, senza nessuna polemica, ma quando c’è da prendere uno spillato mezzo scassato a 30e non ci si fa troppi problemi a metter mano al portafogli, quando invece c’è da prendere una pubblicazione amatoriale costata mesi e mesi di fatiche, noto che si fa fatica a capirne il valore. Questa storia non vale solo per il sottoscritto, ma anche per altri amici appassionati che si fanno il mazzo con la consapevolezza che non saranno mai ripagati.
Argomenti di questo numero:
Disallineamenti, nuova puntata - con la collaborazione di Ivano
Striscia ad Albo d’Oro - con la collaborazione di Antonio
Albi Giganti,anomalie mai viste
Tre Stelle, il curioso caso delle stelle in costola
1-29, cambia la cronologia
Aneddoti Storici, matrici di stampa in comune
II^ Serie Gigante, una serie ibrida
Collezionismo, Gli sciacalli del Kansas e il numero romano
Brossura, il mondo della ristampa
Censure, “Zona pericolosa”
E tante altre inedite chicche che solo Baci e Spari ha.
Francesco Bosco [30/09/2024]
Se si potesse indire un referendum sull’abrogazione della pratica del copia-incolla in ambito fumettistico, sarei il primo a presentarmi alla cabina per mettere una bella croce sul SI. Davvero non se ne può proprio più di questo sterminato esercito di scansafatiche che si fa bello copiando spudoratamente qualsiasi cosa da Wikipedia, da siti, blog e altro, senza nemmeno provare a confutare la veridicità delle informazioni o a sforzarsi di dare una forma, un corpo, un proprio stile di scrittura a ciò che si copia. E poi impariamo a citare le fonti!
Se il nostro incollatore,dinanzi alla scheda cronologica dei disegni di Pecos Bill dell’Albo d’oro Mondadori, copierà ciò che trova scritto, non sapendo che in molte di queste schede è riportato Pietro Gamba al posto di Francesco Gamba, divulgherà una notizia sbagliata. Così, imbattendoci nei trattati del nostro esimio eroe scansafatiche, apprenderemo che Francesco Gamba non ha mai disegnato Pecos Bill… paradossalmente, il Francesco Gamba in una delle sue migliori performance da fumettista… anzi, senza dubbio la migliore!
E se il nostro eroe scansafatiche viene a sua volta copiato da esimio collega scansafatiche, ecco che la fake si radicalizza. Forse sono meno peggio le schede che ad esempio non riportano tra i disegnatori del Pecos Bill Roy Dami o Antonio Canale. Si, direi decisamente un danno minore. Ancor minore, il danno, se le trovi con Paparella, De Vita, D’Antonio, Dami, Gamba, Canale, Battaglia…
Anni fa, trenta e più, il grido di dolore di Giovanni Ticci che mi riferì personalmente: “Mai fatto parte dello Studio Giolitti!”. E, una quindicina di anni fa, quello di Romano Felmang, cito anche qui testualmente: “Mai entrato nello staff di Alberto Giolitti!”. Eppure, in molte delle schede che elencano i collaboratori dello Studio Giolitti, appaiono i nomi dei nostri due autori. Lasciamo poi perdere quelli che ne hanno effettivamente fatto parte ma che pare senza un passato storico.
A pappagallo: “Il primo Tex di Muzzi aveva le teste disegnate da Galep”. Falso! “Galep inizialmente non faceva le matite per la striscia di Tex”. Falso! E potrei proseguire con una infinità di esempi riguardanti Tex.
Da un mio blog (2021). Una volta Galep fece un Tex che fumava la pipa ma la redazione gliela cancellò: una innocente auto-citazione, Galep fumava la pipa. Poi fece Tex col foulard arrotolato al collo, un giubbotto da damerino e un cappello poco texiano… come quello delle immagini a corredo di questo articolo. Ma erano lui e la sua fonte... senza l’erudito pubblico di oggi che spacca il capello in quattro, si fa mille domande, e se ne fotte di dove ribollono gli ardori. Già, esiste il copia-incollista e, parimenti, esiste colui che ancora oggi ci fa notare che il Vile attentato manca del logo; due parole d’altro col cazzo. Vale il detto sulla pianta del fico non può nascere una pesca.
Francesco Bosco [21/09/2024]
Da questa foto scattata il 18 luglio 1962 in Trinità dei Monti a Roma, sito meglio conosciuto come Piazza di Spagna, ecco l’eccezionale testimonianza fotografica dell’uscita di un Tex in edicola. La foto, deturpata dalla filigrana nella quale è impresso il copyright del sito di appartenenza, ritrae l’attore Umberto Orsini mentre paga del materiale acquistato, e mostra una serie di fumetti tenuti al filo con le popolane mollette da lavandaia - della serie tutto il mondo è paese: dalla periferica borgata del Trullo alla centralissima Trinità dei Monti, vigeva la regola di appendere gli albi con gli stessi strumenti proletari. Non appeso con le mollette, ma spiaggiato in un confortevole espositore da mancargli solo l’ombrellone, ecco il nostro “Piutes”, primo gigante in periodicità mensile ufficialmente riportata della II^ Serie. Con strillo? Senza strillo? Non lo sappiamo. Sicuramente spillato e in autorizz. 5926, e sicuramente una chicca da gustare. Insomma, proprio l’albo con le pagine non ancora numerate, che in seconda di copertina riporta Giugno 1962 e RFW lire 50! In terza Zagor 50 lire! E in quarta Piccolo Ranger con o senza lo strillo 100 pagine!
Ecco, dal momento che la data dell’albo riportata internamente è giugno 1962 e la foto è del 18 luglio, una ipotesi da prendere in considerazione è quella che questo Tex potrebbe essere un allungo della tiratura privo dello strillo, processato un mese dopo. Beh, intanto non sappiamo se trattasi di un mese, può benissimo darsi che all’epoca il Tex uscisse alla fine del mese e quindi già ridurre a 15-20 i giorni di differenza tra strillo e senza strillo, ma soprattutto non sappiamo da quanto tempo quelle due copie sostano negli scaffali dell’edicola. Sono le ancora invendute di giugno? Può darsi, anche se fa strano vedere due invenduti di Tex del mese precedente e albi del calibro di Nembo Kid, Topolino libretto e Albi della Rosa appena usciti in una sola copia, in un’edicola del centro di Roma, nella quale peraltro il piatto forte erano le riviste e i quotidiani e non certo i fumetti,
A proposito, appesi troviamo:
Mondadori, Topolino settimanale n. 346, 15 luglio 1962
Mondadori, Albi del Falco settimanale n. 326 Nembo Kid, 15 luglio 1962
Mondadori, Albi dell Rosa settimanale n. 401 - Paperino - 15 luglio 1962
Mondadori, I Classici Walt Disney mensile n. 9, suppl. n. 346 Topolino
Quotidiano Avanti! del 18 luglio 1962 (giorno dello scatto)
Come visto, assieme all’Avanti!, sono quattro le pubblicazione del colosso Mondadori che ho individuato in foto. Sottolineo che, nonostante la data in copertina, credo che all’epoca i settimanali a fumetti della Mondadori godessero di una distribuzione anticipata rispetto alla data impressa in cover: acquistavo personalmente in edicola, solo tre anni più tardi (nel 1965), sia il Topolino Libretto che gli Albi del Falco e ricordo che la procedura era la stessa. Ad ogni modo, ripeto, vedere due copie di Tex (mensile) e una sola del battutissimo Topo libretto (settimanale), sorprende.
Un’ultima annotazione, al di là di tutte le teorie formulabili e prescindendo da fatto che queste vengano stilate solo su un parziale di fotografia ( preciso che gli scatti di Orsini all’edicola sono tre, ma non svelano più di quello che ho descritto, e che non potremo mai sapere se all’interno dell’edicola vi siano stoccati 50 Topo libretto e 20 Nembo Kid), mi preme sottolineare che la foto del nostro Piutes è, cronologicamente parlando, la prova visiva del più “basso” numero del Gigante II^ Serie che io ricordi in uno scatto pubblico d’epoca. Nel sito è presente una foto del 1955 che vede esposti un Albo d’Oro della II^ Serie e una Striscia della Serie Smeraldo, due pubblicazioni antecedenti ma certamente appartenenti a collane di Tex più diffuse rispetto a Giganti tipo 1-29 e II^ Serie, i cui albi avevano tirature molto limitate.
Chissà che un giorno non salti fuori la foto di un’edicola con in bella mostra un 1-29 o un non censurato… nel caso, sarebbe un evento da festeggiare con barili di birra e piombo ai lampadari.
Francesco Bosco [29/08/2024]
Tra le circa centocinquanta foto di edicole che conservo nella cartella del mio Mac e di cui sto esaminando un poco alla volta il materiale a fumetti presente, non ho trovato foto degli anni ’20, almeno quelle ove fossero presenti giornali a fumetti, riviste o quant’altro, di interesse. Ne ho un paio dei primissimi anni ’30, ma del tutto inutili ai fini della ricerca - in ogni caso, prive di appeal - ed una, scattata probabilmente nel maggio del 1933, dove è ben visibile, in basso a destra, una copia del n. 21 del Giornale di Topolino. Bella testimonianza storica, credo, tenuta peraltro in stand by per un sacco di tempo, sicuro che guardandola e riguardandola avesse potuto svelarmi altre pubblicazioni. Purtroppo non è andata così: la cattiva definizione della fotografia, nonostante qualche miglioramento ottenuto con gli strumenti presenti sul Mac, alla fine non ha permesso di individuare altro.
Nella maggior parte dei casi, la ricerca sull’individuazione dello scatto di foto degli anni ’30-’40 parte, per quanto mi riguarda, sempre da riviste storiche tipo Mani di Fata, La Moto, o, visto il periodo, dalle decine di testate fasciste dell’epoca come Lo Sport Fascista, Gioventù Fascista, eccetera, tutte pubblicazioni che riportano sempre una data di uscita; una volta centrati anno e mese di almeno due o tre di queste, viene facile trovare anche i numeri dei fumetti e i giornali a fumetti presenti nella foto. Devo dire che non sono rari i casi in cui capita di scoprire che le date abbinate allo scatto fotografico, soprattutto nelle foto del dopoguerra, risultino errate, e la conferma può arrivare subito facendo una ricerca sulle pubblicazioni più “facili”, come Albo d’Oro Mondadori o le valanghe di riviste femminili presenti sugli scaffali delle rivendite, come le notissime Oggi, Lei, Bolero, Sogno, Grazia, Eva e tante altre, le cui crono sono presenti tra l’altro in archivi internet molto interessanti e facili da consultare. Per le foto dagli anni ’50 in poi, ad esempio, io uso l’archivio di Epoca, quando chiaramente la rivista è presente nello scatto: https://www.petitesondes.net/Copertine-di-Epoca-01.htm
Bene, non ho altro da aggiungere, se non che: vagliare tutto il materiale della mia cartella richiederà necessariamente anni, ma no problem, per il fumetto e dintorni Baci e Spari è sempre al lavoro.
Francesco Bosco [26/08/2024]
Siamo in piena epoca fascista e le pubblicazioni che vediamo esposte sul piccolo furgoncino dei giornali, ne sono un esempio emblematico. Cito: Lo Sport fascista, celebre periodico fondato da Lando Ferretti, prima redattore sportivo e poi presidente del Coni. E, cito da Wiki: Il Popolo d’Italia quotidiano politico italiano, fondato da Benito Mussolini nel 1914 per dare voce all’area interventista del Partito Socialista Italiano d’ispirazione repubblicana.
La foto era già da qualche anno salvata in una mia cartella, ma solo di recente ho pensato di pubblicarla sulla mia pagina FB. Bene, appena postata essa ha suscitato l’interesse di Leonardo Gori, grande appassionato di giornali e pubblicazioni a fumetti d’anteguerra e massimo esperto del settore, personale punto di riferimento e con il quale sono peraltro riuscito a scambiare due chiacchiere a Lucca Collezionando. Mi ha parlato di un’occasione rara per imbattersi in una foto d’epoca dove è ritratto un numero de “I Tre Porcellini”.
Il giornale in questione è il n. 24, anno I, del 5 settembre 1935.
Assieme a I Tre Porcellini appaiono, inoltre, Mani di Fata, Raci, La Domenica del Corriere, La Moto, La Gazzetta dello Sport, Il Moto Ciclismo ed altre pubblicazioni. Sono riuscito ad individuare con precisione solo alcune di queste con immagine e datazione, il resto del materiale, esposto sul nostro furgoncino del F.lli Doniselli,non è di facile reperibilità, ma direi comunque del tutto superfluo rintracciare, vista già l’importanza della testimonianza di testate come I Tre Porcellini e La Domenica del Corriere… a cui però aggiungerei anche la storica Mani di Fata, un mensile di lavori femminili che ha attraversato gran parte della storia editoriale italiana del ‘900 e che è tutt’ora presente nelle nostre edicole. Anzi, mi pare di aver capito che proprio quest’anno Mani di Fata abbia festeggiato i 100 anni di pubblicazione. Della serie, Mani di Fata nasce quando, nel 1924, veniva assassinato dalle squadracce fasciste Giacomo Matteotti.
Per la cronaca, la pagina de La Domenica del Corriere in foto, la cui opera pittorica si deve allo straordinario Achille Beltrame, è quella del n. 37, del 15 settembre 1935, come supplemento illustrato del Corriere della Sera.
Francesco Bosco [17/08/2024]
Partiamo subito con la frase tanto cara ai Biologi naturalisti che mi viene naturale traslare al tumultuoso mondo del Fumetto, comprensivo di tutti i suoi attori: autori, editori, lettori, collezionisti, commercianti, forum, social, chi lo ama come forma d’arte e chi invece lo denigra come prodotto sottoculturale. La sensazione che ci invade, altalenante e contraddittoria, mescola il tempo aureo passato e l’incertezza del futuro, permeando il presente – come del resto nella società attuale – d’ insoddisfazione continua. I ruoli, una volta ben definiti, da diversi anni sono diventati multitasking: oggi abbiamo in particolare collezionisti lettori che sono: critici, esperti, opinionisti e pure venditori, e di sicuro mi sfugge qualcosa. Ma tutto questo non ha portato a un miglioramento ma al contrario a un abbassamento qualitativo. Ne è un esempio il declino dei forum dedicati al medium, alcuni un tempo frequentati da diversi collezionisti preparati e competenti che affrontavano tutti i vari aspetti donando anche un mix culturale che si percepiva e si accantonava nel proprio bagaglio come valore aggiunto. Oggi questi diradatisi e sostituiti da presunti “esperti” che non riconoscono magari una locandina originale di Tex anni ’50 veicolando il messaggio – sbagliato- essere falsa; e con il fatto più grave di non ammettere lo sbaglio di fronte a prove evidenti. Cosa inconcepibile per i collezionisti di cui sopra. Oppure non capire la differenza (che non c’ è) fra “giornaletti” e “fumetti” non conoscendo la diversità (quella sì) del loro preciso periodo storico. Che dire poi dell’invadenza politica con illuminati che da Italica memoria non esprimono la loro idea ma “spiegano”. Se continua così troveremo solo discussioni con sondaggi del tipo “quanti pallini rossi” hanno le mutande del tal personaggio. L’ho detto: decadenza. Vedere collezionisti che dibattono ancora oggi dello stato conservativo, vedendolo come unico sopravvissuto del futuro, voglio dire; ormai lo sa anche il mio gatto!
Capisco il ruolo dell’editore che deve far fronte a bilanci i quali, essendo pura matematica, non lasciano spazio alla poesia e alla redenzione, pagando in moneta sonante ogni errore, dico solo, da fruitore del medium fumetto, che trovare gadget praticamente in ogni albo di una storica testata oppure essere sommerso da mille ristampe e derivazioni di altro personaggio storico mi rende diffidente alienandomi proprio quello stato di leggerezza che deve sempre accompagnare la mente nell’immersione della lettura. La variegata, ma monotona proposta, di chi sfrutta il politically correct, il fumetto d’autore pescato a piene mani nel bacino dei Fù, con edizioni a volte superbe ma spesso mediocri e riduttive, Insomma personalmente tutto questo mi avvolge in quel clima di cui sopra, facendomi cercare quelle barricate emotive che poi alimentano i difetti prima accennati dai quali sia chiaro, non mi ritengo esente.
L’industria del fumetto, come ogni industria che si rispetti, deve trovare il modo di evolvere per garantirsi una continuità in futuro, non solo fidelizzando i clienti attuali ma cercando di anticipare il futuro per poter allargare l’offerta e mantenersi una attualità che altrimenti verrà meno relegandosi nello scantinato del bello ma vecchio. Ad esempio la tanto criticata industria americana dei comics già nel 1941 traspose il fumetto di Capitan Marvel al cinema, che sarà il primo super eroe sullo schermo, seguito poi da Batman e Phantom nel ’43, Capitan America nel ’44, e Superman nel ’48.Dopo qualche anno d’interruzione arriviamo ad oggi con i risultati che tutti sappiamo. In Italia il cinema ha fatto qualche incursione nel mondo fumetto ma con risultati non sempre eccelsi, ma oggi si stanno proponendo quantomeno in maniera più convinta. Anche la tanto vituperata “bara”, cioè sigillare un fumetto in una teca con il grado numerico di conservazione è visto dai puristi come l’antitesi del fumetto, ma forse, bisognerebbe usare un punto di vista diverso, cercando nel futuro delle risposte. Cosa che mi riprometto di provare a fare in un prossimo, futuro, articolo.
Ultime righe dedicate ai venditori di fumetti: questa è una categoria dalla quale era doveroso aspettarsi di più, quantomeno in termini di visione, compattezza e divulgazione del medium. Tutti sappiamo bene che a breve verranno a mancare i collanti emotivi che creavano empatia col fumetto nel lettore/collezionista: nostalgia, ricordi, letture che segnavano momenti, per questo era doveroso provare a concertare gli aspetti legati al giro di merce proponendo prezzi popolari, senza tranciare di netto il mercato creando il confine elitario annullando, quasi del tutto, il resto. Molti, dispiace dirlo, ma risultano obsoleti e con poche garanzie per il futuro, oltre quella di trovarsi magazzini pieni di carta in stato “ottimo”.
Il collezionista come il fumetto deve cambiare, evolversi nella prospettiva futura, fatto salvo naturalmente trarne ognuno il godimento attuale come meglio crede, ma il problema è sapere come finirà il “vecchio” e cosa sarà il “nuovo”. Di sicuro rimarrà chi si adatterà meglio, e non diamo per scontato che possa essere peggio, chissà.
Una bella sfida, certamente, ma parte del divertimento sta proprio lì: provare a vincerla!
Piero Caniparoli [07/08/2024]
“Gratuitamente Tex attribuisce all’uomo la capacità di scindere tra il bene e il male. Lui pensa ottimisticamente che la gente debba saper capire dov’è il bene e saper condannare il male. Ciò non avviene nella realtà, però lui cerca di aiutare una certa tendenza contro un’altra tendenza. Non è invecchiato, è rimasto lo stesso piccione di prima. Come prima, nella sua prima storia, ha cominciato a difendere una povera crista di indiana che non sapeva neanche chi fosse… la vede correre, inseguita dalla sparatoria di quattro maramaldi e lui interviene. Non le ha chiesto: “Scusi, perché le danno delle revolverate? Perché la inseguono?” Non gliel’ha chiesto. Ha visto una contro quattro… Chiuso.” (Gianluigi Bonelli)
Ecco, tanto per rispondere a chi mi ha appena mosso contro accuse per il pezzo “Il ritorno del piccione”.
Ho però l’impressione che sia ormai troppo tardi per mettersi a discutere con chi “Il concetto del piccione” non se lo è mai nemmeno posto. Eppure era facile. Quale miglior “eroe” per il lettore, se non quello che incarna un uomo capace si con le Colt, pieno di dollari dietro la fibra del cinturone, bravo a tirar pugni e letale con la lingua, ma con le tue stesse “debolezze” quotidiane?
“Posso essere Tex! Mica vola o ha i superpoteri.”
Nespole!! Un plotone di messicani lo sta rincorrendo già da qualche pagina… eccolo a penzoloni attaccato ad una grondaia, a due piani da terra… si lancia nella finestra aperta sotto di lui… atterra battendo schiena e capoccione sul tavolo del locale, di fronte a se subito un ceffo minaccioso con un fucile spianato e con accanto una donzella. Ma tu guarda che combinazione, il ceffo col fucile è il babbo della donzella che Tex ha difeso all’inizio di questa avventura. La situazione è ancora però tragica: i desperados stano per avere la meglio, quando improvvisamente… ARRIVA LA CAVALLERIA.
No, non è una sceneggiatura di Nizzi, ma del vecchio Bonelli… che qualche pagina prima lo aveva pure “privato” del cinturone e sbattuto in una cella.
Nespole!! Come lettore penso realisticamente che se mi lanciassi da quella finestra, mi accadrebbe la stessa cosa che è successa a Tex, e quindi c’è un patto tra me e lui: un patto tra umani, non tra un coglione è un supereroe.
Semplice.
Francesco Bosco [15/07/2024]
Ancora esistono nizziani e boselliani, incredibile! E sono sempre lì a misurare le storie con i cinturoni slacciati, il Tex piccione, quello verboso, ‘sti minchia di finali affrettati, il tutto condito da battutismo da quattro soldi e penoso narcisismo cattedratico. E sono lì anche quel paio di spiantati aziendalisti, ministri degli esteri, come li chiamo io da decenni, che della ditta Bonelli sono capaci di difendere l’indifendibile, vedi gli obbrobri grafici di Laurenti, ma attaccano Nizzi non appena ne hanno l’occasione. Pensate che riescono addirittura a farti passare Nolitta come scrittore di “perfetta essenza texana”. Sono ministri che controllano scientificamente il flusso dei “turisti di passaggio” (ossia i lettori degli ultimi venti anni) che pullulano nei più puzzolenti angoli del web, specie nelle pagine di FB.
Ma che dicono i turisti di passaggio? Beh, quelli sono sempre i soliti. E ce ne sono anche tra coloro che si dichiarano vecchie mummie ma che con le vecchie mummie non hanno nulla a che vedere. Non fatemi parlare dei “passatisti”, quelli in difesa di non si sa quale memoria o tradizione, o dei “modernisti”, quelli che prendono congedo dal mai frequentato vecchio Tex, con l’immancabile ritornello: “Oh, ma quanto rompono i coglioni ‘sti tradizionalisti non appena il modello viene superato”. Superato da cosa? Cosa c’è da superare rispetto a un’idea che nel ’48 era già avanti anni luce? Aziendalisti, turisti di passaggio e nolittiani de ‘sta ceppa, che ripetono a pappagallo una sciocchezza che dalla bocca di Sergio non sarebbe mai uscita: “nessuno ti costringe a comprare!”. Ecco, compratelo tu il Tex e poi vai a fare il professore sul web col contatore che ti segna 2-3000 post. Belin, DUEMILA post! Ci si potrebbe scrivere la storia del fumetto italiano con duemila post.
Ma insomma: ‘sti boselliani e nizziani, sempre immersi in uno status partecipativo tale da raggiungere forme di estasi sovrannaturali, sanno o no di avere tra le mani un albo a fumetti e non un esperienza mistica da vivere mensilmente?
‘O famo strano ‘sto Tex? Fatelo come cavolo volete, di certo c’è che GL ‘o fece un po’ piccione, visto che lo buttò subito dentro a una brutta faccenda a prendere botte in testa, spintoni dalle rocce e a essere legato ad un palo come un salame.
È l’essere al principio piccione che esalta “La vendetta del piccione”. Il piccionismo è l’essenza del vero “eroe” dei fumetti, e anche degli eroi del cinema. Mai sentito parlare di Superman, di Corto Maltese, mai visti Bud e Terence o Riggs e Murtaugh.
Francesco Bosco [13/07/2024]
Ultimamente sta montando una cazzutissima polemica sulle dichiarazioni di Alex Britti nelle quali il cantante chitarrista riferisce di non aver mai studiato la musica in modo canonico, di non saperla né leggere né scrivere e di aver ottenuto tutti i suoi risultati suonando a orecchio, a forza de magna’ bistecche, a forza de schiaffoni, de esperienza, de locali, de club, de strade, de piazze. Non ha voluto scolarizzarsi per paura di perdere l’istinto… io voglio essere riconoscibile.
Apriti cielo, l’intellighenzia della musica, soprattutto quella dei baroni delle scuole della capitale, subito ha dato di matto, bollando le dichiarazioni del chitarrista romano come sacrileghe. Che te lo dico a fare! Ma un inutile caos mediatico, visto che non è difficile comprendere quello che Britti intendeva dire. E invece hanno girato al frittata e fatto addirittura intendere che lui non conoscerebbe manco un accordo di quelli che fa, figuriamoci un #7/9 o un maj7. Gran belle teste di minchia… sanno benissimo che non aver studiato canonicamente non significa non conoscere gli accordi, le tonalità, le modulazioni, il tempo in 3/4 ed altro, tutta roba che Britti e milioni di chitarristi come lui conoscono perfettamente attraverso l’esperienza. La musica la impari anche se la scansi ed è ovvio che se non la studi canonicamente non impari a leggere e scrivere le “formichine” sul pentagramma. Luis Amstrong e Ennio Morricone… uno autodidatta, l’altro compositore e direttore, due geni. Qualcosa da dire in proposito?
Imparare a leggere lo spartito non credo faccia parte della cultura musicale di Gilmour, Lukather, Emanuel, o dei compianti Beck, B.B. King, Hendrix, Lennon, Ray Vaughan, Van Halen e Battisti, vogliamo dunque fare tabula rasa di tutti questi personaggi per compiacere l’intellighenzia istituzionale, le scuole, le università della musica, gli youtuber che insegnano on line? Alex Britti è uno di loro, un semplice autodidatta che sa contare le misure, leggere le sigle sulla parte e suonare il 3/4.
Breve aneddoto. Nell’inverno del 1989 ero in un gigantesco hangar di amici dove si faceva musica, mi avevano affidato la direzione artistica. Un pomeriggio, mentre facevo il sound check alle chitarre in previsione del concerto serale, sale sul palco un tizio con con capelli lunghi tenuti da una fascia molto colorata, questo inizia a suonare sui miei accordi di prova e mi spaventa per la bravura. Meno di un minuto e lo lascio da solo, troppo forte per duettarci. Era Britti. Per la cronaca, gli accordi che stavo suonando erano quelli di All the thinks you are, di Jerome Kern, uno degli standard jazz più famosi, che avevo imparato ad armonizzare alla Scuola Popolare di Testaccio, nei primi anni ’80. Britti quella sera avrebbe tenuto un concerto blues in quell’hangar e non jazz, ma quel frammento di All the thinks l’aveva suonata a modo suo e funzionava a meraviglia.
Ecco, mi domandavo se un talento del disegno dichiarasse di non aver mai studiato e di essere emerso a forza de magna’ bistecche ed altro, cosa accadrebbe.
Per come la vedo io, studiare, quel tanto che basta, è utile, soprattutto se componi brani e li devi spiegare agli altri o devi studiare se non sei un gran talento: in musica, come in disegno, devi essere portato, altrimenti le bistecche te le dai tra i denti. E anche l’istinto non lo compri al supermercato tanto al chilo, insomma il musicista e il fumettista lo sono prima di frequentare o meno scuole di musica o di fumetto.
Pratt sarebbe diventato Pratt in ogni caso, Britti pure.
Francesco Bosco [09/07/2024]
ARF è sempre ARF, la riconosci per quello spazio dove impera l’underground romanesco che… non sai se ridere o se piangere. Certo, ad ognuno le proprie scelte, ma… vietare? Vietare è da fasci. Censurare e bannare è da fasci. Ma poi, cosa ci sarà di tanto anti-fascista e super-comunista in quelle riviste vietate a fasci e minori? Che per caso le apri e salta fuori Che Guevara che ti fa marameo? Oppure ci trovi dentro le istruzioni per entrare in contatto con lo spirito di Lenin? O magari le foto del Vannacci che indossa il boa in piume di struzzo? Salvini che zappa la terra assieme agli immigrati? In un’epoca dove la carciofara della Garbatella e la pavonessa di Svizzera condividono pensieri e azioni come invio di armi al megalomane ucraino, bidenismo, europeismo, Onuismo, Von Der Leyenianismo ed altri disastri, c’è poco da schierarsi e mettersi a vietare. Ma si vieta ormai dappertutto: nei forum, nei blog, nelle pagine web, eccetera, vige il motto tanto caro alla destra, “ordine e disciplina”. Lì devi essere amico dell’amministratore per godere di immunità e sparare cazzate ad oltranza, oppure divenire il suo aguzzino fino a farlo innamorare di te… per gli altri non c’è scampo.
AD ogni modo, all’ARF ci si è sempre divertiti molto, soprattutto quando si imboccava la ZTL vietata ai fasci, con le spille di Salvini attaccate alla giacca, una provocazione come tante fatte anche a “Più libri, più liberi”, la culla dell’intellettuale radical, dove ci beccavi la Concita che dava luce alla poetessa spagnola ventenne, luce che si spegneva il giorno dopo… un po’ come succede agli ectoplasmi che si manifestano innanzi alle giurie narcisistiche di X-Fucktor.
Chiudo con una riflessione. Vedo che molti si sperticano a parlare di un “popolaccio che si merita questa classe politica di merda”, siamo alla viva Craxi e Andreotti, e ai sani dibattiti televisivi di un tempo tra Berlinguer e Almirante. La realtà è che il popolaccio diviene tale proprio con loro (non dimentichiamo che 52 parlamentari erano iscritti alla P2), un po’ come accade nel fumetto, nella musica, nel cinema, con la differenza che la classe politica italiana ha sempre fatto schifo ed è sempre stata staccata dal popolo, in soldoni: s’è sempre fatta li cazzi sua, mangiandogli il paese sotto gli occhi degli elettori. Così, la mafia c’è ieri come oggi, la corruzione e gli schiavi pure. Apparentare le fasi del disastro sociale, culturale e politico del nostro paese a questo o a quel periodo storico, è parte di un pensiero, dal mio punto di vista, del tutto distorto.
E parlace co’ quer fascio, a vietatore. E vedi di informarti bene quando apri bocca, come ha preteso quel brutto comunistaccio di mio padre nei miei confronti: non è obbligatorio sapere che le prime interrogazioni parlamentari sulle scie chimiche erano del 2003, quando quel demente di Grillo e soci in politica ancora non esistevano ma, se devi imbastire comizi fieristici sul tema, sarebbe opportuno che prima ti informassi. Poi discutiamo se è peggio un grillino sciista, una carciofara, un’armocromista o un tale in piume di struzzo.
Francesco Bosco [23/06/2024]
Beh, devo dire che la notizia della scomparsa di Luca Vannini mi ha fatto passare una triste mattinata. Non l’ho mai conosciuto, ma con lui c’era un “filo speciale”, visto che non appena vidi le sue magnifiche opere dipinte, opere realizzate quando ormai non disegnava più per la Bonelli, decisi di pubblicarlo senza sosta sul mio sito.
Un filo speciale. La storia è andata più o meno così, ed vecchia di parecchi anni…
Avevo preso in asta delle tavole di fumetto da un noto mercante di Roma, ma erano talmente tante che assieme decidemmo di vederci nei pressi di casa sua per la consegna a mano. Una volta incontratici, e stabilito un rapporto di fiducia, lui decise di portare me e mia moglie nel suo appartamento per mostrarci alcune meraviglie: alludo a roba tipo “Le 110 pillole”, di Magnus, copertine e tavole di autori come Pratt, Crepax, Kirby, Biffignandi, Toth ed altri splendori. In mezzo a tutto quel ben di Dio, mia moglie mi fece notare, messo in un angolo, un dipinto di Tex di una bellezza straordinaria. Chiesi al proprietario chi ne fosse l’autore e se vendeva l’opera. Era di Luca Vannini (azz quello di Julia??!), e l’opera era in vendita. La comprammo subito, e insieme ad essa altri dipinti di Tex e Ken Parker. Portai via insomma tre opere dedicate a Tex e tre dedicate a K. Parker, più un bel catalogo con tutte le opere del Vannini, curato peraltro dal padrone di casa, due cover di Kriminal di Corteggi e una copertina di Ferri Gallieno.
Quando arrivai a casa, scattai una foto ad un Tex presente nel catalogo, ci feci un articolo per il mio sito e lo condivisi con gli amici un forum di Tex ai tempi molto seguito: volevo sapere le loro reazioni di fronte a tali bellezze: Beh, rimasero tutti di stucco.
Fu così che praticamente, una volta alla settimana, sul ‘baci e spari’, dedicavo a Vannini un articolo, naturalmente corredato dall’immagine di una sua opera a colori presa dal catalogo.
Dopo qualche mese, e decine di brevi articoli, notai che tutte le immagini mi venivano “rubate” e pubblicate in svariati siti, blog, forum e spazi dedicati al fumetto. Vannini andava, mi disse chi mi aveva venduto le sue opere, e che perfino il suo catalogo era esaurito, e mi aggiunse che me l’avrebbe voluto far conoscere di persona al più presto. Un giorno dovevamo recarci a casa sua (se non erro viveva con la madre), ma non ce ne fu poi modo.
Qualche tempo dopo, credo fosse il 2016, sentii Mauro Boselli al telefono per un vecchio episodio dell’Audace di cui io avevo gli originali e che la SBE voleva stampare, quando, tra una chiacchiera e l’altra, lui mi disse che il bravo Alessandro Poli (uno davvero bravo) rincorso da tempo aveva finalmente accettato di fare Tex. Questa cosa mi fece venire in mente Luca Vannini, così rilanciai dicendo: “dovreste riassumere lui, anche!”. Glielo dissi perché ho sempre saputo che Boselli di “bravi disegnatori” se ne intendeva. Accennammo anche al fatto che Vannini aveva fatto “cose” che a Sergio non erano andate, che era lento, bla bla… e la cosa finì li.
Poi però lo chiamò. Io ne fui contento… il filo era ora legato. Ecco perché oggi sono triste.
Adios Luca, fai buon viaggio.
Francesco Bosco [29/05/2024]
… e secondo te quella davanti al cavallo sarebbe un’onda alla Galep… quelli i pantaloni di Tex… e quella la sua camicia!!? Quelle le sue rocce? E lasciamo perdere i cavalli, perché se pure qui ci vedi una corrispondenza con quelli di Galep, lascia perdere Tex e ritorna a giocare con i tuoi fumetti noir, Disney, comici, anteguerra o qualunque cosa tu abbia in libreria.
Galep ha copiato da: D’Antonio, Bertoletti, Bishop, Giolitti, Ticci, Molino, Mairani, Raymond, Correa, Williamson, Salinas, Kunstler, McCarthy, Copeland, Gross, Foster, Beltrame, Capitani, Innocenti, D’Ami, Del Castillo, Buscema, McWlliams, Prezio, Doore, Lesser, Savitt, Giacoia, Gill, Kane, Codd, Carreno, Cortiella, Kimmel, Borack, Pfeufer, Bagnoli, Prentice, Kinstler, Wilson, Hantman, Bama, Vance, Carcupino, i grandi pittori della frontiera americana e perfino dal suo amico Giovanni Benvenuti, uno dei maggiori fumettisti di questo paese e gran copiatore anche lui. Ne dimentico sicuramente qualcuno, ma ti posso garantire che la lista è assolutamente comprovata, bollata e archiviata. Ebbene, tra le migliaia vignette copiate, non ce n’è una che Galep abbia preso da Allen Dean, autore grafico di “Tex il cow-boy”. E ti aggiungo che se Allen Dean lavorò su Agent x-9, è perché KFS ci vide affinità stilistiche con Raymond. E dunque: Dean si rifaceva a Raymond per fare l’x-9, giusto?! E Galep si rifaceva a Raymond e al suo x-9.
Tutto chiaro ora? Non venitemi a dire che Torti si ispira a Dalla Monica quando entrambi copiano da Ticci.
Da un po’ di tempo ho deciso di non fare più prigionieri in questo mondo di segaioli del fumetto. Tra l’altro dell’affair Thorne si possono trovare un paio di pagine sul “Western all’italiana” n. 1. È strano che molti miei amici texani (?) lo abbiano comprato e se ne vadano in giro a commentare profferendo minchiate senza senso. Galleppini conobbe GL Bonelli parecchi anni dopo la nascita del Tex; come possano aver concertato a tavolino il “plagio” ce lo devono spiegare queste gran pippe che si dichiarano “collezionisti di razza di Tex” e non sanno nemmeno che esistono 11/14 censurati con le testatine datate.
"... una calunnia bella e buona, tanto per fare uno scoop in una stagione dove gli argomenti scarseggiano. Sono amareggiato, la prossima sarà quella di togliere la paternità a Colombo della scoperta dell’America"... “… nel 1946 (anno in cui Tex Thorne è pubblicato su Topolino G. Ndr) vivevo a Cagliari e mi occupavo di altre cose, in Sardegna arrivavano a stento i giornali, figurarsi i fumetti… i contatti tra me e Bonelli non sarebbero stati materialmente possibili perché lui viveva a Varazze e l’ho conosciuto parecchi anni dopo. I contatti tra noi li teneva la sua ex moglie, Tea Bonelli” (A Galleppini "Corriere del Trentino")
Francesco Bosco [28/05/2024]
La busta di Tex è un fenomeno del collezionismo del personaggio che ho vissuto personalmente tra la fine degli anni ’60 e gli inizi del ’70. Ricordo l’edicola del porto cui mi recavo tutti i giorni con questo spazio confortevole dedicato alle buste della Bonelli, in pratica degli espositori a parete, e quello invece improvvisato che consisteva in grosse casse di legno o ceste di vimini dove erano ammassate buste con minore appeal come quelle di Bianconi, Dardo, Corno, Cenisio ed altri editori. Io non prendevo le buste di Tex, che conobbi solo nel 1971, ma quelle dell’editore Bianconi, di cui mi appassionavano i fumetti di guerra e personaggi come Kalì e Erik il vichingo. La mia prima busta di Tex è post agosto 1971 e conteneva un Piccolo Ranger e una raccoltina della serie Rossa, mentre quelle a seguire sempre e solo Zagor con di nuovo raccoltine di Tex. Smisi di comprarle proprio quando trovai per la terza volta di seguito la raccoltina Rossa “Il tesoro del tempio”. Ripresi a prenderle quando nelle buste iniziarono a trovarsi Collana Rodeo, compresi gli albi de La Storia del West.
Non solo le Araldo ma anche le Bianconi riproponevano sempre gli stessi albi: ricordo un numero di Submarine che ancor oggi conservo in quattro copie perfette con le classiche pennellate di anilina blu al bordo pagine. Chiaramente non era possibile sapere quali fumetti vi fossero all’interno delle buste, ma col tempo imparai a riconoscere le copertine degli albi nonostante la spessa carta dell’involucro: non dimenticherò mai quella de “Lo spettro” (Zagor Zenith n. 119) il cui titolo in cover era su uno sfondo nero che solo una frana era capace di non beccare. In alternativa, si strappava un pezzetto di busta per dare una sbirciata.
Forse è solo attorno al 1974 che iniziai a vedere nelle ceste anche le buste degli erotici, ma potrei fare confusione con l’anno. Di certo ricordo che erano in una confezione trasparente, tipo blister, con il biglietto del prezzo cosi grande da occupare almeno un terzo delle cover, albi spesso con l’angolo tagliato (AT). Che mi risulti tutti i fumetti di busta avevano i bordi colorati, una pratica necessaria per impedirne la vendita al prezzo originale di copertina (ogni riferimento alla filiera che va dalla distribuzione all’edicolante è puramente casuale).
Bene, tutta questa tirata per dire che ho trovato la foto di una edicola del 1968, in cui si vedono buste di Tex (3 per l’esattezza) piazzate nel carrellino su ruote posto a destra della foto, mentre nell’espositore fisso di sinistra si nota il n. 13 della “Collana Rodeo” (La Storia del West “La pattuglia”). Altri fumetti, rilevante direi il 654 del Topolino libretto del 9 giugno 1968 che peraltro mi da modo di confermare che i Rodeo uscivano sempre nei primissimi giorni del mese e che la cosa si protrasse fino all uscita del suo penultimo numero; l’ultimo, infatti, “La fine della pista”, lo presi fresco fresco nell’edicola centrale della stazione della Metropolitana di Piramide/Ostiense di Roma: sul mio diario è segnato a venerdì 19 dicembre 1980. Lo lessi sul trenino che portava ad Ostia e sul bus che da Ostia portava a Fiumicino.
Francesco Bosco [08/05/2024]
Un mese fa esce un blocco di strisce della I^ serie di Tex su Ebay di cui il venditore non specifica se originali o anastatiche, così mi chiama un amico per avere delucidazioni. Gli dico che non ho visto eBay (io e eBay siamo ormai due cose distanti da anni) ma che quando rientro a casa do un’occhiata. Torno, apro il link e in meno di un secondo vedo che la prima, “Il totem misterioso”, è anastatica. Comunico il tutto al mio amico, ma nel giro di poche ore ricevo altre email sul quello stesso blocco, e in alcune di queste sono linkati thread di discussione dove si individuerebbero gli elementi vitali che differenziano strisce originali da strisce anastatiche: i colori, la carta, l’odore, le dimensioni, eccetera. Oddio, a parte che in alcuni di quei thread ci sono anche miei interventi, ma di certo c’è che carta e odore sono difficili da allegare a una email o a un post, mentre per quel che riguarda i colori diciamo che possiamo starci dentro. Per le misure no, visto che esistono anastatiche parallele a quelle ufficiali della Golden Comics (Piacentini) che si presentano in diverse dimensioni. E dunque? Beh, se rimaniamo alle Piacentini, l’elemento dirimente sarà (oltre alla gerenza riportata in terza di copertina, che NON è presente quando non Piacentini originali) la linea spezzata che divide logo di Tex dal disegno della cover che nella striscia n. 1 non “chiude” in alto di alcuni millimetri, in aggiunta al fatto che a volte il cerchio dello stesso logo è spostato più verso l’interno rispetto all’originale che invece lo ha aderentissimo al dorso e che nella maggior parte dei casi neanche completa la circonferenza. (Nell’immagine, i punti chiave evidenziati)
Come per l’Albo d’Oro, allora? Beh, più o meno: anche nell’AO si vanno a sparare contorte disamine sul colore ed altro quando basta la vedere la presenza o meno della numerazione delle pagine che, esclusi i primi 3-4 numeri, è mancante nella anastatiche. Ho scritto più di venti anni fa di anastatiche Piacentini, di anastatiche abusive, delle diverse censure presenti in ognuna di queste, della numerazione, delle testatine e delle misure, eppure, nonostante ciò, c’è ancora qualche testone che si ostina a stilare una serie di inutili precetti.
E questo è. Poi si dice che il fumetto è in crisi. A prescindere da anastatiche e dintorni, non è il fumetto ad essere in “crisi”, ma in genere la presenza di troppi segaioli cui manca manca la volontà di vedere la condizione del proprio sviluppo psichico riguardo all’argomento. Di per se, il fumetto è come un vecchio che sta per giungere alla fine della pista, non in crisi, perdio, ma nella sua fottuta e naturale evoluzione verso un assopimento di intensa dolcezza, evoluzione purtroppo molestata dall’inefficienza cognitiva dilagante dei nostri amici segaioli.
Nel 2024 ancora non sappiamo distinguere un originale da un’anastatica e nonostante ciò abbiamo la faccia come il culo di pontificare sulle cause che starebbero determinando la crisi del fumetto. Di nuovo, a me sembra che in crisi non sia il fumetto, che ha passato da un bel pezzo il suo periodo di massimo splendore commerciale (per il sottoscritto anche creativo) che individuo a cavallo tra la seconda metà degli anni ’60 e i primi anni ’70, con un picco tra il 1970 e il 1972, ma è ben altro ad essere in crisi, o meglio “fuori luogo”: le menti critiche che lo hanno preso in ostaggio. Beh, allora ne approfitto per sussurrare nell’orecchio del mio amato fumetto che se non stai tanto bene ma sei felice per quello che hai fatto vivere agli tutti noi appassionati e ora ti ritrovi circondato da persone prive di ogni attitudine nell’esercizio delle proprie mansioni, specie negli ultimi tre-quattro lustri, non badarci. Sentirai tirar dentro storie sul ricambio generazionale o sulle moderne forme di svago che ti hanno soppiantato; ovvietà espresse a pappagallo in tutte le analisi critiche del modo. Non badarci. Goditi la tua “naturale decadenza”, la stessa che appartiene a tutte le altre forme di espressione, nessuna esclusa. Certo, penserai, che non sarebbe male se il pippume che imperversa nel tuo mondo cominciasse a leggersi un po’ di Ezio Ferraro. È una cosa che mi augurerei anch’io se non fosse che sono contrario all’accanimento terapeutico. Accostare il buon vecchio Ezio ai maniaci dello stato spaziale della 1-29 non rende onore a colui che il collezionismo dei fumetti lo ha “inventato”. Per le nostre anastatiche invece vale sempre il vecchio detto: per riconoscere il pregio di una stoffa ci vuole un bravo mercante! Ecco, il fumetto manca dei vecchi collezionisti dall’occhio ben allenato, e di una decina di Hartman, il sergente maggiore che dava il permesso di parlare solo quando era richiesto.
Francesco Bosco [30/04/2024]
Non so dire se la “piccola” Lucca Collezionando stia mettendo la freccia per passare Bologna (la cosa non mi interessa più di tanto, dato che a parer mio le fiere del fumetto con la effe maiuscola sono finite con Reggio Emilia), ma sicuramente questa manifestazione un plauso lo merita, intanto per la comodità dei parcheggi coperti e gratuiti a poche decine di metri dall’ingresso al padiglione, poi per l’ottima organizzazione degli spazi interni e infine per aver superato anche la “prova caffè”, un caffè che fino alla precedente edizione era imbevibile, costoso e servito in un bar messo in piedi nel peggiore dei modi. Sul versante fumetto, nulla da dire, le ultime tre edizioni hanno visto la presenza di materiale da collezione di ottimo livello anche se quantitativamente limitato: ecco in cosa Reggio eccelleva, in qualità e quantità, per quanto a volte si trasformasse in un viaggio infruttuoso.
Reggio, Bologna, Lucca, Roma, il punto dolente di ogni fiera rimane, a mio avviso, sempre il solito: il biglietto d’ingresso. Sarà una mia fissa personale, ma davvero non ho mai capito perché uno che va a spendere quattrini in una fiera debba pagare per entrare… e lo dico da privilegiato, non essendo quasi mai passato per una biglietteria. Ricordo che, esprimendo questo mio pensiero in una vecchia discussione forumistica riguardante l’apertura di una nuova mostra del fumetto a Roma (in concomitanza peraltro con Torre Spaccata Comics), trovai molti utenti favorevoli al biglietto d’ingresso. La cosa mi sorprese parecchio. Per inciso, andai poi a quella mostra: pagai l’ingresso, dentro non più di dieci visitatori, incontro con Riccardo Torti in una sala completamente vuota e un punto ristoro dove i gestori erano disperati per i mancati incassi. Ah, dei prodi fautori del “sostenimento all’evento tramite biglietto”, neanche l’ombra. Quelli puoi vederli a Romics, una manifestazione dove solo d’ingresso spendi più di 50 euro a famigliola, senza calcolare parcheggio, caffè, acqua e un pasto in sede. Per cosa, poi? Per stare in mezzo a torme di chiassosi cosplayer e a banchi carichi di una forma di intrattenimento con dietro un business spaventoso, qual’è il manga. Di fumetto vero neanche la puzza! Romics è infatti una messa in scena costruita a tavolino, anche molto proficua, ma che col fumetto c’entra come i cavoli a merenda. Sapeste quanti genitori di mia conoscenza oggi evitano Romics dopo averla sperimentata sotto trascinamento forzato dei propri figli.
Ritornando a Collezionando, siccome era da tempo che non acquistavo più materiale in una fiera, a Lucca ne ho avuto finalmente l’opportunità. Il bottino è stato corposo: una 1/21 del Gordon Nerbini del ’57, un 66 Zagor Zenith, un paio di censurati di Tex, una copertina di Alvaro Mairani, una quindicina di Ken Parker Cepim intonsi e un piccolo blocco di Topolino libretto appartenenti al periodo in cui cominciai a collezionare convintamente fumetti - aprile-maggio 1971 - quest’ultima chiaramente come “operazione nostalgia”.
Quello che non va, purtroppo, oltre al fatto che qualche illustre venditore lo si vede torvo e imbruttito per motivi incomprensibili, è l’incompetenza che continua a dilagare, soprattutto nella zona dove gli autori firmano. Là ci capito solo per consegnare i miei lavori o per salutare qualche vecchio amico, poi cerco di filarmela in fretta per evitare incontri con quei tipi vestiti a festa (ogni allusione ai “guardiani del nuovo Tex” è puramente casuale), ovvero gli aziendalisti che dalla rete te li ritrovi in fiera in carne ed ossa. Quando li vedo, mi rendo conto di quanto ho fatto bene a mollare il nuovo corso di Tex e a blindare il ricordo del vecchio mensilaccio di GL, Galep, Ticci e soci. Non solo loro, disgraziatamente le cose hanno preso una brutta piega in generale, visto che la sprovvedutezza è sbarcata anche su Youtube, attraverso contenuti video imbarazzanti. Pure questi in fiera in carne ed ossa, ahimè. Forse ha ragione l’occhialuto Floris, quando dice alla Elly: “Beh, se la Meloni sta là, è un po’ anche colpa vostra, no?”. Certo, e se nelle fiere storiche, nei siti specializzati, nelle piattaforme web, nei forum, nelle pagine FB, eccetera, proliferano personaggi così, significa che non puoi neanche più meravigliarti se alla domanda ciao, senti sai come si chiama il cane di Tex che l’ho dimenticato? qualcuno rimanga di gesso. E nemmeno meravigliarti nel sapere di collezionisti inginocchiati davanti all’ultimo Tex arrivato, senza pieghette, perfettino, in pratica un trofeo di guerra da venerare.
Ecco, diciamo che Collezionando è “viva” perché le malelingue fortunatamente continuano ad esistere e a perculare la stirpe del futuro. E le malelingue, si sa, sono l’ultima speranza per il nostro fumetto, e anche la speranza contro gli incapaci che ci ritroviamo al timone del paese.
Se non sei re non fare nuove leggi e lascia il mondo come si trova.
Francesco Bosco [25/04/2024]
Mai avrei immaginato un libro sull’opera di George Wilson, uno degli illustratori più bravi e sottostimati della storia delle copertine dei fumetti, un artista a tutto tondo di cui è difficile trovare persino una foto del suo volto. Ricordo che quando dovevo parlare di lui, in quanto autore di fonti usate da Ferri Gallieno e Aurelio Galleppini per i rispettivi lavori di cover di Zagor e Tex (Iron Man, L’isola della paura, La Mano di Allah, La corsa della freccia e numerose altre) cercavo una foto che rappresentasse degnamente, ma mi ritrovavo sotto sempre la solita sgranata immagine.
Ho saputo poi che Alberto Becattini aveva scritto su suo blog una documentata e bellissima biografia su Wilson, ma anche lì nessuna foto dell’autore https://alberto-s-pages.webnode.it/news/george-wilson/
È uno di quegli autori alla Jordi Penalva: straordinari ma di cui si sa sempre troppo poco. Forse paragonabile, per gli amanti del fumetto sexy, a Leandro Biffi.
Bene, ora abbiamo un volume su George Wilson e personalmente ci tengo molto a sponsorizzare l’iniziativa.
A seguire, la presentazione ufficiale del volume “The Art of George Wilson”, pagine 288 a colori, copertina rigida.
Ciò che rese così attraenti molti dei grandi fumetti d’avventure degli anni ’60 furono le fantastiche copertine dipinte dall’artista George Wilson. A differenza di altre copertine di fumetti dell’epoca, le copertine di Wilson ricordavano l’era delle riviste pulp ed erano straordinariamente accattivanti. Ha lavorato per letteralmente centinaia di titoli di fumetti tra cui: Classic Illustrated, Ai confini della realtà, Ripley’s Believe It or Not, Dr. Solar, Magnus Robot Fighter, Turok, Son of Stone e Star Trek, solo per citarne alcuni.
Questo nuovo libro d’arte si concentra su oltre trecento esempi delle sue copertine e presenta numerosi esempi di Wilson scansionate dagli originali insieme a molte altre copertine dei libri da lui create, inclusa la sua vasta serie su The Phanton di Avon (così come il suo lavoro su The Gold Key).
Note:
L’articolo è acquistabile con Bonus Cultura, Carta Cultura Giovani, Carta del Merito e/o Carta del Docente quando venduto e spedito da Amazon: Sono esclusi prodotti di Venditori terzi del Marketplace. Il Bonus è strettamente personale e può essere utilizzato esclusivamente dal suo titolare. Il costo del volume dove aggirarsi attorno alle 82 euro. Inizialmente l’uscita era prevista per l’ottobre 2023, ora però indicata a luglio 2024
Francesco Bosco [04/04/2024]
Nuovo appuntamento con la rubrica “Vecchie Edicole”, stavolta attraverso una bellissima foto risalente alla fine degli anni ’60, esattamente al 1968, che presenta una discreta quantità di fumetti. La ricerca, confesso, è stata assai travagliata, poiché fuorviato dall’albo a fumetti che mi avrebbe dovuto fare da apripista: “Braccobaldo”… quello proprio in bella vista sul fianco sinistro della foto!
Il fatto è che in genere la ricerca del giorno preciso in cui è stata scattata la foto, inizia sempre, com’è ovvio, dal titolo di un quotidiano, poi un po’ alla volta tutto rientra nell’alveo cronologico. Stavolta però non c’era nessun titolo di giornale ad aiutarmi e quindi mi sono affidato al Braccobaldo. Errore imperdonabile, visto che l’albo preso in esame riporta stampigliato in copertina “n. 34, 4 maggio 1967” una data indietro di più di un anno rispetto allo scatto fotografico. Insomma, ho sprecato ore prima di capire che l’albo si trovava in quell’edicola per caso, forse come reso o addirittura invenduto: non mi tornavano Diabolik, Isabella, Satanik ed altre cose. Poi, alla fine, quando nemmeno la rivista “Mani di Fata” era compatibile con la data di maggio 1967, ho scaricato le cover di Isabella confrontandole con quel pezzettino che appare in foto… e la faccenda si è risolta. Fossi stato un conoscitore di Diabolik, avrei risolto le cose in mezzo minuto, ma io e il Dia siamo distanti da sempre, pur non disprezzandolo.
Ecco la lista del “ricercato” e del “trovato”…
Satanik n. 93, 31 luglio 1968, Edit. Corno
Diabolik n. 17, anno VII, agosto 1968, Ed. Astorina
Braccobaldo n. 34, 4 maggio 1967, Ed. Mondadori
Corriere dei Piccoli n. 33, anno LX, 18 agosto 1968, Ed. Rizzoli
Isabella n. 62, agosto 1968, Ed. Erregi
Braccobaldo n. 62, 16 novembre 1967, Ed. Mondadori
Braccobaldo n. 50, 24 agosto 1967, Ed. Mondadori
Braccobaldo n. 68, 28 dicembre 1967, Ed. Mondadori
Sono inoltre presenti fumetti a cui però non sono riuscito a dare un “volto”…
Goldrake il Playboy
Altro numero di Satanik
Jaguar: potrebbe trattarsi del n. 2, “Il sommergibile atomico”, agosto 1968, Ed. Bianconi
Altro numero di Braccobaldo, vicino al Diabolik: si scorge un tronco in acqua della cover
Alla prossima edicola, gringos
Francesco Bosco [25/03/2024]
La letteratura disegnata di Hugo Pratt al Pompidou: arriva “Corto Maltese, Une vie romanesque”
Dal 29 maggio e fino al 4 novembre 2024 il Centre Pompidou di Parigi celebra la nona arte con una grande mostra intitolata «La BD à tous les étages», un’immersione nel mondo del fumetto che attraversa tutti i piani del Beaubourg, una delle istituzioni pioniere a riconoscerne l’importanza centrale come espressione artistica.
La mostra ripercorrerà 60 anni di produzione del fumetto in tutte le latitudini del mondo: dai classici americani ai miti europei fino alle nuove tendenze orientali. Ma l’unico personaggio che avrà una intera sezione dedicata sarà proprio Corto Maltese, ospitato negli spazi della Bibliotheque Publique de information (livello 2, con ingresso libero). Questo perchè, per i francesi che lo hanno scoperto e consacrato al grande pubblico prima anche di noi italiani, Corto è sempre stato un mito e un sinonimo di libertà. Nella mostra “Corto Maltese, Une vie romanesque” allestita nella Biblioteca, il filo conduttore per il visitatore saranno i riferimenti letterari di Corto.
Così ci racconta la co-curatrice Patrizia Zanotti: “In questa esposizione abbiamo cercato di rintracciare i molteplici elementi letterari presenti in tante storie di Corto Maltese e i rimandi ai numerosi scrittori che sono stati importanti nella formazione dell’immaginario di Hugo Pratt. Ritroviamo ritratti fisicamente Jack London, Herman Hesse, R.L. Stevenson, Henry de Monfreid, Gabriele D’Annunzio, altri vengono citati attraverso le loro poesie: Rimbaud, Kipling, Coleridge o Melville, altri ancora, come Borges, figurano nel nome di una stazione ferroviaria argentina. C’è poi la storia completa di Sogno di un mattino di mezzo inverno, un chiaro omaggio al mondo celtico citato parafrasando il titolo della celebre commedia di William Shakespeare.”
Redazione [19/03/2024]
Riporto qui un post, che ho già pubblicato sulla mia pagina Facebook qualche mese fa, relativo ai compensi dell’artista Jim Lee… quando si ha il piacere di incontrarlo in fiera.
“Negli ultimi giorni sta tenendo banco un dibattito, a tratti anche acceso, sul ‘prezzario’ stilato da un famoso artista americano, per le rassegne fieristiche. Copio e incollo: 60 dollari per le firme sui libri, 600 dollari per un remarque sui fumetti, 600 dollari per le sketch card 3×3. E ancora: mille dollari per un disegno a pennarello, 1500 a matita per i remarque di profilo su foglio bianco, 2mila, 3mila o 4mila dollari per i disegni di tre quarti rispettivamente con pennarello, matita o a inchiostro.
Lui, il famoso artista americano, è Bruce... ops... Jim Lee.
Bei tempi andati, se penso che a me Ticci disse che non sarei uscito da casa sua se non avessi accettato, aggratis, un suo disegno per copertina del libro che stavo per pubblicare. Così come Pietro Gamba che volle regalarmi una tavola a china di Tex, o suo cugino Francesco che fece altrettanto… o Mario Uggeri che mi regalò dei poster privati di famiglia, foto e altre chicche… o Galep che mi omaggiò di originali scartati dalla redazione, di poster molto rari, e che riprese addirittura la matita in mano, dopo che aveva smesso di disegnare da quattro mesi, per farmi un primo piano di Tex e un primissimo piano di un cavallo. O Muzzi che mi riempì di disegni e disegnini e addirittura mi incartò una bella tavola di Tex inedita.
Tutti questi signori mi dissero che quello era da sempre il loro modo di ripagare i lettori “per la fedeltà dimostrata, in decenni di pubblicazione del personaggio, recandosi ogni santo mese in edicola”.
Vallo a spiegare a Jim che in fiera, Lucca e sorelle, per arrivarci paghi benzina, paghi casello, paghi parcheggio, paghi ingresso, hai un pranzo e, al ritorno, anche una cena direttamente sul cofano dell’automobile nell’area di servizio, e che tutto questo inizia alle 3:00 di notte e termina alle 24:00 del sabato, almeno per il sottoscritto. Ma poi, chi se ne frega delle tariffe di Jim; io certi “divismi” li lascio alle file di cacciatori di autografi e disegnini, semmai la prossima volta dovrò ricordarmi di portare un contenitore e vedere se riesco ad acchiappare un po’ dell’aria divina che respira il nostro “sovrumano” e metterla sottovuoto. Il massimo sarebbe se riuscissi imbottigliare ‘air of deretan’, chessò una sua flyng fart, che libererei al largo della costiera romana, località Palo di Ladispoli, di caravaggesca memoria”
Che dire? Al Caravaggio una flying fare da spiaggia potrebbe anche far piacere, visto che pure lui stava sempre a litigare per questioni economiche, per i tariffari, o per le partite a pallacorda con il suo amico Ranuccio Tommasini, per cui Michelangelo e Ranuccio un autografo all’amico Jim glielo concedono volentieri, e senza manco una Parpagliola.
Per il resto, questi gran cavoli se il furbetto acquisisce la tua firma sul tomo per rivenderselo al doppio. A te che cambia? E cosa ne sai? Magari quello ha una mamma che fa le pulizie ai cessi della stazione centrale per seicento euro al mese e tenta solo di aiutarla.
Francesco Bosco [01/03/2024]
“Se parlate di pensione a Bonelli padre, estrae la Colt! Ancora oggi non passa giorno senza che si metta alla macchina da scrivere: per una pagina, per una vignetta, magari solo per una parola(naturalmente “peste!”), ma il legame con il suo Tex non viene mai interrotto. Certo, i ritmi non possono più essere quelli massacranti di una volta: a po a poco, le sceneggiature si sono diradate; ho cominciato a dargli una mano io, anonimamente, senza neanche firmarmicon lo pseudonimo di Nolitta con il quale, a mia volta , ho scritto mille e mille tavole di Zagor, Mister No, e infine è arrivato Nizzi, capace di riprodurre le atmosfere e il linguaggio bonelliano come nessun altro”.
Sergio Bonelli
Quando il datore di lavoro parla bene di Nizzi, bisognerebbe credergli? In questo caso si: molto più d’accordo col Sergione nazionale che con quel Loris che su YouTube ci dona perle di sarcasmo, tipo: ”Nizzi proprio schifo non fa!”. Al netto di altre castronerie profuse (vedi che prima di Fusco han disegnato Tex Ieva, Zamperoni, Uggeri, P. Gamba, Cormio, Raschitelli e perfino Balzano), lo ringraziamo per averci fatto passare il singhiozzo.
Francesco Bosco [13/02/2024]
Altra interessante vecchia edicola, il cui scatto risale sicuramente ai primi giorni di luglio del 1970, anche se possiamo intravvedere albi datati maggio 1970, giugno 1970 e anche agosto 1970. È, quella del 1970, un’edicola che ho personalmente frequentato e nella quale mi recavo per acquistare principalmente buste della Bianconi, al cui interno vi erano ricoverati albi di guerra che ho ancora oggi nelle mie librerie: Submarine, Victory, Us Army, Us Navy, Pattuglia X, Erik il vichingo, Raf e altri.
A meta di quel mese di luglio usciva anche “El Paso”, albo di Tex n. 117, che vedeva aumentato il prezzo da 200 a 250 lire… forse non visibile in foto perché coperto dalla sagoma di Gabrile Lavia o forse, più semplicemente, perché il Tex inedito usciva rigorosamente a metà mese. Non presenti nemmeno l’inedito di Zagor n. 112, “L’arciere rosso”, e la ristampa “scritta rossa” n. 2, “Terrore”.
E allora cominciamo con l’elenco degli albi che sono riuscito ad individuare. Naturalmente, se qualcuno ne individuasse degli altri, potrà comunicarmelo scrivendo info@baciespari.it
Forza Joe n. 13, Bianconi, luglio 1970
Submarine n. 18, Bianconi, luglio 1970
Zip Gigante n.7, Edizioni RG, luglio 1970
Kriminal n. 261, Corno, luglio 1970 “Il giorno della disperazione”
Satanik n. 145, Corno, luglio 1970 “Il club degli spettri”
l’Uomo Mascherato, Avventure Americane n. 167, F.lli Spada
Angelica, ediz. S.I.E., nuova serie n. 2, 30 giugno 1970, “Deserto rovente”
Isabella gigante n. 11, “Il gatto e il topo”, Edizioni RG, maggio 1970
Messalina gigante anno I° n. 3, Edizioni RG, giugno 1970, “L’ira del Tevere”
Eureka n. 36, 1 agosto 1970, Ed. Corno
Diabolik anno IX° n. 14, Astorina, 6 luglio 1970, “Rapina a Diabolik”
Topolino libretto n. 762, 5 luglio 1970, Mondadori
Ringrazio per la segnalazione dello "Jacula" Tiziano Agnelli, albo palesemente esposto nella colonna di destra e ovviamente saltato via dal mio copia-incolla. Segnalato anche uno "Zip", ma trattasi di due numeri 7.
Francesco Bosco [09/02/2024]
Tra i tanti personaggi della saga di Zagor, ce ne sono stati alcuni che non ho mai amato troppo, come ad esempio quelli che da co-protagonisti agivano al fianco di Cico nei siparietti comici delle storie. Parlo di figure come Trampy, Icaro La Plume, il Conte di Lapalette, Drunky Duck e qualche altro, ai quali il buon Guido Nolitta dava sempre ampio spazio di manovra. Ma non erano solo questi buffi personaggi ad essermi sgradevoli, ve ne erano di altri che, pur non rivestendo ruoli da mattacchioni, mi erano lo stesso antipatici, come Guitar Jim e Supermike. Magari di Guitar Jim ne parlerò in un altro momento, ma di Supermike posso spendere due parole subito, visto che il suo ritorno nelle edicole è proprio di questi giorni. Benché i ricordi della prima apparizione di Mike Gordon (“L’avventuriero”, ottobre 1975) sono legati inevitabilmente a un periodo ricco di belle letture di Nolitta e Ferri, si vedano “La marcia delle disperazione”, “Follia omicida” e “Tigre”, veri e propri capolavori della seconda “ondata nolittiana” dopo quelli della “prima ondata“ con Capitan Serpente”, “Odissea americana” e “Zagor contro il vampiro”, questa storia del Sergione nazionale non mi ha mai entusiasmato… o quanto meno non mi ha colpito al centro del cuore come altre. Mi sembra una storia che vede i due giovanotti misurarsi in stucchevoli sfide di forza e abilità al limite del kitsch. Ma, per carità, il mio parere vale quello che vale.
Bene, per chiudere in bellezza, c’è un’altra cosa che mal digerisco, e sono i ritorni (o i “risvegli”?). Intendo i ritorni tanto per far “ritornare”… non certo quelli nolittiani di Hellingen, nelle mani di Ferri e Donatelli, oppure i 3 del Mefisto di Bonelli padre.
Così, tanta fortuna a questo “Supermike” di Burattini e Verni, ci mancherebbe, quello di Castelli mi dicono essere stato disastroso. Eh si, “mi dicono”, perché è ormai passata un’era geologica da quando non prendo più Zagor in edicola. Forse da “Incubi”, storia capolavoro di Sclavi per le giovani leve, per me solo la certezza dell’esistenza dell’undicesimo comandamento: lascia stare.
Francesco Bosco [05/02/2024]
Per far capire quanto sia difficile nel fumetto ripristinare l’autenticità di una informazione, rispetto alla relativa sciocchezza messa improvvidamente in circolazione e fissatasi nella memoria dei lettori e della storia, oggi vi parlo di Pasqualino, uno che di fumetto ne ha macinato veramente tanto e di cui si è sempre scritto poco.
Pasqualino non era un asso, né un Molino né un Albertarelli per intenderci, ma un ottimo e prolificissimo disegnatore popolare, che fece le sue fortune alla Editrice Universo. Pasqualino lavorò per anche per Audace, Astorina, Cenisio, Mondadori e per i francesi di Lug. Mica male, no? Se poi pensiamo che per le suddette editrici disegnò Tex, Diabolik, Tarzan, Nembo Kid e creò personaggi come Ghibli, Jimmy Jet, Forza John e numerosissimi altri, allora evviva Pasqualino. Insomma, oggi possiamo dire che Pasqualino merita senz’altro un posto di rilievo in una ipotetica cartografia a fumetti. E come lui, tanti altri artisti che hanno “scolpito” il mondo delle nuvole parlanti, producendo centinaia e centinaia di storie senza troppi narcisismi. Penso a gente come Stelio Fenzo e Birago Balzano, ad esempio.
Beh, io credo che ormai abbiate capito di chi sto parlando, no? Ma si, proprio di lui, di Pasquale Ieva, detto Pasqualino o Lino Jeva, che io ho personalmente conosciuto a Milano nel 1993, essendomi recato a casa sua per un’intervista. Quel giorno una delle prime cose che, appena varcata la soglia di casa, mi chiese fu di annotare “Ieva” e non “Jeva” e, detto questo, mi porse il suo biglietto da visita, dove effettivamente c’era scritto Ieva, Lino Ieva. Jeva era invece la sua firma d’artista.
Dicevamo che Lino Ieva ha disegnato Tex, anche se si trattò semplicemente di una collaborazione al fianco di Galleppini durata peraltro pochissimo. Ecco, quando dicevo che sradicare le fonti improvvidamente messe in circolo da chi non ha occhio nemmeno per distinguere tra ippopotamo e una farfalla, alludevo proprio a questo e alla poi disperata impresa di ristabilire la verità sugli accadimenti. Così, oggi ci tocca leggere che la partecipazione di Lino Jeva a Tex iniziò dall’episodio “Gli sciacalli del Kansas”, del 31/08/1953. Falso, il suddetto episodio è di Galleppini, oltretutto appartenente al periodo in cui il Maestro si aiutava con le fonti. Ora, non vorrete mica dirmi che da “Gli sciacalli del Kansas” fino a “Tex tende una trappola”, del 2/11/1953, il pugno di episodi accreditati alla matita di Ieva da parte di Wikipedia e comari varie, le vignette arrivano, guarda caso, dalle stesse fonti di Galleppini? In quei 10 episodi, se è vero che le matite furono realizzate da Ieva, significa che gli inchiostri sono di Galleppini, ma gli inchiostri, anche bruttini e tirati via, non appartengono a Galep. E dunque? Dunque, iniziate a dimostrare che lo siano, anche se non avrete mai argomenti per sostenerlo.
Quando si parla di collaborazione si deve entrare nell’ottica che non c’è uno schema fisso, una divisione netta dei ruoli, Ieva era uno di passaggio, uno che ebbe ad incrociare matite e chine alla bell’e meglio con Galep, oltretutto sulle tavole di un personaggio che non concedeva certe comodità grafiche. Punto. È come quando si affronta un lavoro subordinato e non in autonomia: se entri da ingegnere alla Ferrari, come autonomo, senza vincolo di subordinazione, significa che sei un fuoriclasse, se entri invece come subordinato sarai necessariamente affiancato e disciplinato. Dunque, Ieva fu chiamato in via del tutto subordinata da Galleppini in persona e iniziò a intrecciare matite e pennelli con il Maestro, come nel primo episodio, “Il rinnegato”, che vede i due “confondersi” tra una striscia e l’altra (sono evidentemente le strisce di “prova” di cui parla lo stesso Ieva nella mia intervista). Qui mi ritorna in mente il metodo di lavoro di Ticci per il texone “Il pueblo nascosto” che vidi sul banco inclinato del suo studio trenta anni fa: matite chinate a macchia di leopardo, non in maniera sequenziale. Come dire: “Caro Lino, inizia a finire queste, poi vediamo le altre”. Infatti, prendendo per comodità il gigante “Dodge City”, nella loro collaborazione emerge proprio questo, per cui noteremo che da pagina 3 a pagina 13 vi è un “lavoro base” di Galep sul quale interviene Ieva, poi, progressivamente la presenza di Galep si dirada in favore di quella di Ieva. Quando dura? Sembrerebbe fino a poche strisce, sparse qua e là, dell’episodio “Missione disperata”, con lunghi passaggi dove Ieva è del tutto assente, dopo di che si può constatare, ma non certo per coloro che hanno negli occhi gli ippopotami, la presenza dei cugini Gamba, come nelle pagina 62 e 63, dove addirittura le scene vengono impostate da Francesco nei suoi primi interventi occulti. Ieva si accreditò solo tre episodi completi di matite e chine, è quindi probabile che venga confuso con i Gamba.
Infine chiedo ai sapienti di disegno texiano: e perché mai si dichiara chiusa la collaborazione di Ieva a Tex con “Tex tende una trappola” se l’episodio che segue è stilisticamente identico? È la stessa prodezza messa in giro anni fa da parte di qualche buontempone che attribuiva a Angelo Corrias 30 pagine di Piutes, e non la 31, la 32, la 33, la 40, la 50, eccetera, che appartenevano sempre della stessa mano (non certo a quella di Corrias). Ecco, siamo a quei livelli. Approssimazione allo stato puro, con la quale stiamo facendo danni seri al fumetto. E qui, se non ricominciamo a studiare come si dovrebbe, invece di fare i copia incolla, avremo palate sempre più cariche di fake.
Della serie la storia la scrivono sempre i vincitori. Ma i vincitori spesso sono dei coglioni.
Francesco Bosco [31/01/2024]
Di tanto in tanto capita di vedere in rete, linkati dentro qualche bacheca di fumetto, i famigerati post dei tipi che circolano attorno al defunto blog di Comix Archive. Io non ci clicco nemmeno più sopra, visto che la solfa da anni è sempre la stessa: letto il primo, il secondo e magari anche il terzo, capisci che si tratta di un disco rotto che suona contro la Bonelli. Paventano, un giorno si e l’altro pure, la chiusura della storica editrice milanese, snocciolando allarmanti dati sulle vendite di Tex e inneggiando a sondaggi su come il “comunista“ Boselli, ormai indigesto alla stragrande maggioranza dei lettori del Ranger, sia, secondo loro, la causa del tracollo. Si autoproclamano i Fratelli d’Italia del fumetto ma per quanto mi riguarda è solo gente che piscia fuori dal vaso ben sapendo che il fumetto italiano affonda le sue radici in un brodo culturale di sinistra da una sessantina di anni a questa parte, fatte salve alcune eccezioni. Il problema è che qui, sia dei Fratelli che del Brodo, ne abbiamo le palle piene.
Ma poi cos’è ‘sto Tex di destra e ‘sto Tex di sinistra? Quello, il vecchio Bonelli, vi avrebbe preso a revolverate, a Fratellini e Compagnucci. Dai, ‘sto poveraccio ogni volta tirato per la giacchetta da quattro falliti, solo per tornaconto ideologico.
Si ok, Comix Archive, ma… e dell’altrettanto defunto forum “Tex Willer Online”, da dove si spisciazzava ideologia fucsia, filo dipietrina, con quote grilline e con tanta voglia di rompere i coglioni a quel lettore dai gusti superficiali, stereotipati, ne vogliamo parlare? Quelli erano capaci di produrre 27 pagine di discussione su “Omicidio in Bourbon Street”, mezza paginetta su “Il patto di sangue”, infinite sul “male assoluto” Nizzi, e volevano disciplinare i comportamenti altrui, esibendo la loro ridicola carta dei valori. Quattro capetti, come ne incontri tanti oggi, in rapporto di un fratellino ogni tre dell’intellighenzia (si badi: un fratellino controlla dieci sottoposti se gli va bene, uno dell’intellighenzia, con i suoi subalterni, invece intere platee. E io ricordo un subalterno un po’ ubriacone, nel ruolo di moderatore, che un giorno se ne uscì dicendo: “Ah Satania!! È un Tex che non ho letto perché ancora mi manca l’albo” - lui faceva i 350 lire - ).
Oggi le cose non sono cambiate, anzi sembrano essere peggiorate: i Fratellini stanno sempre lì coi loro soliti infruttuosi fendenti in rete a menarci l’uccello, mentre i Compagnucci hanno imparato a censurare, bloccare, bannare chiunque non stia in riga. Ordine e disciplina, cazzo!
Nella guerra tra ideologie, è nato nel frattempo il nuovo lettore di Tex: quello che colleziona da feticista, che non commenta né “Omicidio in Bourbon Street” né “Il patto di sangue”, ma che, temo, non sa nemmeno cosa siano. Lui mette roba in libreria… e fa cose.
Lasciatemelo dire: il lettore della “lettura ingenua” (cit.) di una volta è di gran lunga più attendibile del lettore costruttivo, aperto ed esigente di oggi.
Il lettore feticista è feticista: lui giustamente non legge, fa cose! Fa cose? Si, si tocca… davanti a tanto ben di Dio.
Francesco Bosco [24/01/2024]
Altra foto, altro giro.
Stavolta ci catapultiamo nel gennaio-febbraio del 1967 e la foto vede Caterina Caselli di fronte ad un’edicola, probabilmente sanremese, con in mano una copia di TV Sorrisi e Canzoni.
Le pubblicazioni che sono riuscito ad individuare, sono:
l’Europeo, Rizzoli, n. 5 del 2 febbraio 1967, ma probabilmente, come la rivista americana insegna, questa pubblicazione uscì giorni prima.
Comandante Mark, Araldo, n. 6 febbraio 1967 “L’avamposto degli eroi”. Il bollino Araldo a me sembra proprio quello del n. 6.
Una serie di Tex da 200 lire: “Un vile attentato”, “Uno contro venti”, “Il fuoco”, “Dodge City”, “Assedio al posto n° 6”, “Frecce nere”, “Il coyote nero”, “La gola segreta”. Quasi certamente non siamo in presenza di copie spillate, ma più probabilmente di Tex da 200 lire con edicola piccola, edicola grande, Tre Stelle o, chi lo sa, forse anche di qualche copia simil-spillata.
Quello che ho provato a cercare, ma di cui non mi sembra averne intravvisto nemmeno un pezzetto, è il Tre Stelle di quel mese di febbraio, il n. 36 “Il villaggio fantasma”, oppure di quello uscito a gennaio, il n. 35 “Una carta rischiosa”. La ricerca di ulteriori testate presenti nella foto, mi sembra a questo punto superflua: la data è proprio quella della fine di gennaio o dei primi giorni di febbraio del 1967, chiaramente comprovata anche dall’appuntamento del Festival della Canzone sanremese svoltasi tra il 26 e il 28 gennaio, con in mezzo la tragica morte di Luigi Tenco.
«Canterò finché avrò qualcosa da dire e quando nessuno vorrà più ascoltarmi bene, canterò soltanto in bagno facendomi la barba ma potrò continuare a guardarmi nello specchio senza avvertire disprezzo per quello che vedo.» L. Tenco
Io credo che se vi fosse bisogno di una prova visiva che i blocchi di Tex raggiunsero le edicole fin dal 1967, qui ce l’abbiamo servita su un piatto d’argento. Una testimonianza davvero sensazionale!
Francesco Bosco [20/01/2024]
Da una cartella nella quale conservo da tempo numerose foto di edicole del dopoguerra, ne ho tirata fuori qualcuna per vedere di assegnargli una data sulla base del materiale a fumetti presente. Un lavoro che per la verità avevo cominciato a fare una decina di anni fa pubblicando questo primo articolo (https://www.baciespari.it/public/pubblica/VecchiaEdicola.pdf), ma poi interrotto perché assorbito dall’avventura dei Western all’Italiana.
Ma andiamo subito al dunque, iniziando da una foto nella quale si vedono due ragazzini circondati da fumetti a noi assai familiari. La foto è scattata a Firenze nel 1955.
Da buon texiano, direi di cominciare dalla striscia della serie Smeraldo n. 19, dal titolo Attacco di sorpresa, edita dall’Audace l’11 settembre 1955, anche se non escluderei, dall’incrocio di date con le altre uscite, che si tratti della n. 20 “Lotta nel Tempio”, del 18 settembre 1955. Rispetto al pannello, è l’albo che si vede nel margine alto a sinistra dietro la sottile rete di ferro, tipo quella usata per i pollai un tempo.
Segue, l’Albo d’Oro della seconda serie n. 24, edito dall’Audace il 15 settembre 1955. Qui non vi sono dubbi, l’albo si riconosce dal titolo, L’ultimo agguato, appena sotto la testata, ma da sottolineare che si legge parzialmente anche il secondo titolo, L’enigma dell’Ippocampo. Questo Albo d’Oro lo possiamo vedere a metà della griglia espositiva, nella sua parte destra.
Ma la sorpresa più clamorosa è, secondo il mio parere, “Il ritorno dei Tre Bill”, edizioni Audace, III^ serie n. 13, del 15 settembre 1955, dal titolo Dopo l’uragano, la cui cover la si intravvede tra il Tex a Striscia e l’albo di Akim.
Ordinaria invece la presenza di un Topolino libretto, si tratta del n. 122, del 10 settembre 1955, che vediamo esposto in più copie. Non è infatti difficile incontrare degli albi Topolino f.to libretto nelle foto di edicole d’epoca.
Proseguendo nella disamina, abbiamo, per quanto ho potuto documentare:
“Albi Apaches” n. 22, ed. Vaglieri, 17 settembre 1955
“La valle dei castori” Disney, Albo d’Oro n. 36, 11 settembre 1955
“Paperino e il cangaceiro” Disney, Albo d’Oro n. 37, 18 settembre 1955
“Fulmine Giallo”, editrice Selene, n. 1 del 10 settembre 1955, dal titolo Il diabolico Chang, oppure trattasi del n. 2, del 17 settembre 1955 dal titolo La rivincita di Smoky.
“Gordon Short” n. 8, del 9 settembre 1955, dal titolo La traccia dell’assassino, oppure n. 9, del 16 settembre 1955, dal titolo Winchester 73.
“I tre moschettieri” edit. Pini Segna, n. 12, del 10 settembre 1955, dal titolo Milady, oppure n. 13, del 17 settembre 1955, dal titolo La trappola.
“Akim Gigante”, edit. Tomasina, I^ serie n. 48, 11 settembre 1955, dal titolo Nella jungla nera.
“Romoletto” n. 2, editrice Cecchini, dal titolo Romoletto nella casa degli spettri, del 25 agosto 1955.
“Pinocchio”, editrice S.E.A.L., n. 9 del 20 agosto 1955, dal titolo Lo specchio fatato, oppure n. 10 del 5 settembre 1955, dal titolo Fiorellina.
“Un mestiere difficile”, Edizioni Alpe, n. 17 del 10 settembre 1955
“Amichetta”, Reboa editore, anno III°, settembre 1955
“Brivido contro Sganascia”, Capriotti editore, raccolta settembre 1955
“Frugolino”, Gioggi editore, anno I°, settembre 1955.
Curiosando, ho scoperto che Frugolino veniva stampato in via della Magliana 64/A: in pratica a due passi dal condominio dove io ho abitato per circa 10 anni, e non lontano nemmeno da via Cutigliano, la strada dove negli anni a venire Alberto Giolitti domiciliò il suo Studio. Evidentemente il quartiere era nel mio destino, visto che anche la tipografia dove oggi stampo i “Quaderni del Tex” e da dove sono usciti i volumi 3 e 4 più alcune ristampe dei “Western all’Italiana” è lì in zona.
Per ora è tutto, posso solo aggiungere che è illusorio aspettarsi di vedere un albo gigante in un’edicola del 1955, chessò uno Zenit o un Tex I^ serie. Figuriamo poi se in un’edicola di un piccolo paese con gli espositori realizzati con rete per recinti di galline.
Il prossimo articolo riguarderà una foto del 1967 in cui si vedono dei Tex, probabilmente del tipo “edicola nella lente”, Jacula, Isabella, Eureka, Linus, Forza Joe, Bazooka, Uomo Mascherato, Submarine, eccetera, e a seguire altre foto con Collana Rodeo, Storia del West, Comandante Mark, ancora Tex, Walalla, Teodora, ancora Topolino, Tom e Jerry, Super Eroica, Guerra d’Eroi, Albi Ardimento. Poi, sperando di trovarla, la foto in cui vi è un albo della “Storia del West” del tutto fuori contesto rispetto alle pubblicazioni che lo accompagnano sugli scaffali e su cui mi sono sempre chiesto se si trattasse di quella famosa seconda edizione di cui sempre si parla o facente parte dei famosi blocchi per le edicole.
Naturalmente se qualcuno fosse in grado di riconoscere altre testate, può comunicarmelo all’indirizzo che si trova sulla home page del sito.
Francesco Bosco [19/01/2024]
Approfittando dell’uscita del Quaderno n. 4, colgo l’occasione per annunciare che non vi saranno più uscite dei “Western all’Italiana”, nonostante fossero già pronti per la stampa tre interessanti fascicoli inediti. I motivi sono da ricercarsi nei continui aumenti dei costi di stampa che a novembre del 2023, dopo quelli di giugno e settembre 2022, sono ulteriormente saliti (ehm…sembro Sergio Bonelli quando negli anni ’70 comunicava con dolore l’aumento del prezzo dell’albo dalle pagine di Tex). Per un privato che voglia tenere in vita un lavoro di nicchia, com’è quello costituito da una pubblicazione dalla limitatissima tiratura, è di fatto un’impresa non sostenibile, visti i costi di stampa ormai sempre più vicini a quelli di vendita. Con le pubblicazioni dei primi due volumi “Western” le rimesse erano tangibili ma gestibili, poi però parliamo di perdite vicine alle tre-quattrocento euro per ciascuno dei Western vol. 3 e 4 e di rimesse, in proporzione ancor più alte, per i fascicoli. Ma quello che mi preme più sottolineare è che il fascino richiamato dai volumi 1 e 2 è pian piano sceso fino al dimezzamento delle richieste dei volumi 3 e 4. Cosa, se vogliamo, pure fisiologica, come accertato con i molti amici incontrati a Bologna che si sono quasi “scusati” con il sottoscritto per non aver acquistato le ultime uscite: “il primo è un lavoro eccezionale, il secondo quasi anche, il terzo e il quarto si potevano anche evitare” mi riferivano in fiera il buon Saverio e un paio di amici fedeli ai Western. Del resto sono poi i numeri a parlare: tre ristampe per il volume n. 1, due ristampe per il volume 2, nessuna per i volumi 3 e 4 e soprattutto molto materiale di resa per questi ultimi due. Per la cronaca, l’aumento del prezzo dei fascicoli non era praticabile, dato che tutti coloro che me l’hanno consigliato non sanno evidentemente con chi si ha a che fare: qui c’è gente che fa storie per un euro in più sulla spedizione, gente con un certo tenore di vita che invoca 5 euro di sconto, collezionisti che spendono 2000e per un fumetto e ti dicono che 45e per il volume sono troppe, ed altre menate. Stiamo parlando di tre anni di lavoro per ogni volume, 26e per la stampa, più il materiale che devi acquistare per la necessaria documentazione… e si ha la faccia tosta di lamentarsi del prezzo.
Al contrario, i Quaderni del Tex godono di ottima salute: il fascicoli rimanenti sono davvero pochi e le richieste sembrano aumentare, evidentemente il continuo lavoro di approfondimento svolto dal sottoscritto è accolto con interesse (certo, con quello che c’è in giro, si fa presto ad essere apprezzati). Per quel che mi riguarda, l’impressione è che le vicende inerenti la “crono texiana”, da cui sono rimasto lontano per molti anni, suscitino sempre un grande coinvolgimento ed un’intensa partecipazione.
Avanti con i Quaderni, allora!
Francesco Bosco [17/01/2024]
Uno dei primi swipe texiani di cui si ha memoria è certamente la copertina del n. 100, “Supertex”, che Galleppini ispira a Humphrey Bogart in una foto di scena del film “The enforcer”, interpretato dall’attore statunitense nel 1951. Bisogna però precisare che la foto di Bogart vista in tutti questi anni non è la fonte giusta, dal momento che il creatore di Tex si rifece in realtà a quella che vedete all’inizio della sequenza pubblicata sopra. Sono giunto a questa conclusione studiando la locandina di Giuliano Nistri per “Upperseven, l’uomo da uccidere”, una pellicola del 1966, nata sull’onda del grande successo della serie cinematografica di James Bond, convinto che Galep si fosse riferito proprio a Nistri, visto che la posizione della mano che impugna la pistola è identica a quella del personaggio che si vede sulla locandina di “Upperseven” e non al Bogart che da sempre vediamo nella rete. Oltretutto, nel piccolo riquadro fotografico presente nella bozza a matita improntata da Galleppini, l’autore impugna la stessa arma del personaggio di Nistri (una Luger, mi pare). Insomma, nell’approfondire la cosa, e convinto che lo stesso Nistri avesse una fonte specifica per la sua copiatura, mi sono messo a cercare e, alla fine, è saltata fuori quella giusta: una foto, peraltro non comune, in cui Bogart ha la pistola nella stessa identica posizione che vediamo sia nell’opera di Nistri che in quella di Galep e non appoggiata all’altezza dello stomaco, come proponeva la vecchia fonte.
In ultimo, sono certo che Galleppini si sia fotografato nella posa di Bogart per facilitare il disegno della mano sinistra di Tex che nella fonte è completamente in ombra. Chissà, magari approfittando del fatto che gli serviva l’interno della mano si è fatto uno scatto commemorativo a figura intera.
Per la cronaca, l’autoscatto di Galep è visibile nel volume “La storia di Tex”, di Domenico Denaro.
Francesco Bosco [15/01/2024]
È doloroso avere un sito di Tex quando poi sei bollato come un competente si, ma che non si occupa d’altro! È come quando al cinema fai il ruolo di Pierino e la gente ti riconosce solo per quello. In pratica risulti una figura immutabile.
Qualche giorno fa un amico di forum che ho sentito al telefono, è rimasto sorpreso nell’apprendere che nelle mie collezioni vi fossero Disney, anteguerra, erotici, neri, fumetto tradotto francese, belga, statunitense, inglese, spagnolo, argentino, eccetera, e che le mie prime letture, legate peraltro al periodo della seconda metà degli anni ’60, sono state Topolino f.to libretto, le collane di guerra di Dardo e Corno (Super Eroica, Collana Eroica, Guerra d’Eroi, che stampavano con grande successo materiale Fleetway e Amalgamate Press), o di Bianconi (Submarine, U.S. Army, Raf, Pattuglia X, Jaguar, U.S. Navy, ecc… con materiale di produzione prevalentemente nostrana) e non Tex. Ebbene si, prima di Tex esistevo, non ero Pierino, ma un ragazzino a cui piacevano personaggi come Kalì ed Erik (sempre di Bianconi), che aveva un debole per i fratelli Missaglia, Ennio ai testi e Vladimiro ai disegni, autori di U.S. Army, Submarine e Kalì, e per lo Studio Arias, di Victor Hugo Arias (uno che poteva fare Zagor alla grandissima), che illustrava le avventure del capitano Forrest e il fido Harper ai comandi delle loro Tigri Volanti. Anche se il primissimo fumetto di guerra che lessi fu in verità un Super Eroica del 1966, tra l’altro senza le copertine e qualche pagina, il cui episodio iniziale “le furie di Finlay”, era disegnato da Ferdinando Tacconi.
Erano i tempi in cui andava per la maggiore il fumetto erotico e, naturalmente, i neri. Isabella, il cui esordio editoriale è del 1966, era la testata più popolare assieme a Vartan, che io però neanche sfogliavo, infatti più avanti gli preferii la più “spinta” Jacula e, in seguito, Zora la vampira, Lucifera, Biancaneve e serie come Oltretomba e Terror.
È in mezzo a tutto questo bailamme che mi capitò, solo nel 1970, di leggere Zagor… e poi Tex che divenne la mia passione principale. Niente Miki e Blek. Mai nemmeno un Kriminal o un Alan Ford. Qualche Diabolik, ma una decina al massimo. Scartavo i western tipo Sartana, Geronimo, eccetera. Della Cenisio guardavo il Tarzan di Joe Kubert, una delle cose più straordinarie, per me, in fatto di disegni. Nel 1972 i primi albi della Storia del West, Corto Maltese, e nel 1977 Ken Parker. Tex, il mio preferito, passa però in seconda linea quando di Zagor escono storie come quelle col “Vampiro”, “Capitan Serpente”, "Indian Circus“, “Odissea Americana”, “La marcia della disperazione”, quest’ultimo un capolavoro che solo da poco ho scoperto, con grande sorpresa, rientrare al decimo posto nella personale top-ten di Guido Nolitta. Siamo tra il 1972 e il 1976, e le storie di Zagor, firmate da Ferri e Nolitta, fino a “Tigre”, sono dei veri e propri capolavori. Per Tex invece, le annate 1974, 1975 e 1976, nonostante “la notte degli assassini” e poco altro, non ripetono il miracolo di scrittura e di disegni né del 1972 né del 1973. Si, con Ken Parker trovo ancora una volta un fumetto che aspetto in edicola più di Tex, soprattutto una volta scavalcate le prime due storie, “Lungo Fucile” e “Mine Town”, a mio avviso non male ma un po’ deboli rispetto a meraviglie come “I gentiluomini”, “Omicidio a Washington”, “Chemako” e al ciclo che va dalla caccia alla balena fino al popolo degli uomini, roba che segna la storia del fumetto. Purtroppo, lo standard qualitativo della creatura di Berardi e Milazzo va pian piano ad affievolirsi, tra l’altro con un successo di pubblico che non arriverà mai. Certamente far disegnare Lungo Fucile ad autori non adatti (vedi S. Tarquinio o R. Polese) non aiutò, ma tant’è… oggi ci teniamo stretto quel breve ma straordinario viaggio del personaggio, una delle migliori cose mai realizzate nel fumetto italiano.
Insomma, sono in molti a credere che io sia un texiano e nulla più; un Pierino che non conosce Magnus, Scarpa, Micheluzzi, Jacovitti, De Luca, o che non apprezza Gottfredson, Moebius, Eisner, Barks, Wood, Quitely, McFarlane ed altri. Io, invece, apprezzo eccome! E adoro Pazienza, Tamburini (un genio per me), Raymond, Cavazzano, Giraud, Toth, Pratt, Benvenuti, Kubert, Foster, Sickles, Williamson e illustratori come Wyeth, McCarthy, Briggs, La Gatta, Frazetta, Lovell, Künstler, Saunders, Molino, Beltrame, McGinnis e mille altri. Ho aiutato a stilare cronologie grafiche, per amici che me lo hanno chiesto, di erotici e neri. Ho studiato (ed imparato ad apprezzare) i pittori di cinema, da Ciriello a Casaro, da Gasparri a Cesselon, a decine di altri, non confondo Taglienti con Biffignandi o Molino con Bertoletti, ma alla fine sono solo il Pierino di Baci e Spari. Purtroppo, come me tanti Pierino, a cui i rappresentanti della nuova intellighenzia, ossia quegli idioti che identificano i Texiani come gente che, cito “non capisce un cazzo di fumetto”, rompono tutti i giorni… poi tu a questi gran coglioni gli nomini Mario Tempesti, Antonio Rubino o Gino Boccasile e loro corrono ad aprire google.
Francesco Bosco [12/01/2024]
Il volume La mano rossa, edito nell’ottobre 2023 per iniziativa congiunta della SBE e della Scarabeo, presenta per la prima volta, nello stato in cui sono giunte sino a noi, le tavole originali disegnate da Galleppini per le prime quindici strisce di Tex, pubblicate settimanalmente dal 30 settembre del ’48, che costituirono dieci anni dopo il numero uno della seconda serie “gigante”. Questa «edizione d’artista» si unisce al profluvio di prodotti commerciali con cui la Sergio Bonelli ha inondato il mercato per festeggiare i 75 anni di Tex: borracce e ombrelli, magliette e agende, poster e figurine Panini, box in legno e tazze, berretti e cappellini colorati, felpe con cappuccio e senza, spille e portachiavi, edizioni variant e ristampe de luxe. Il mercato ha rappresentato il luogo simbolico e materiale dei festeggiamenti: il principale evento celebrativo del settantacinquesimo, non casualmente, si è svolto alla Rinascente di Milano.
Per questa pubblicazione non poteva mancare, naturalmente, una pregiata ed esclusiva tiratura di testa di 299 copie con copertina tessuta su telaio Jacquard - mirante a solleticare le brame di una ristretta fascia di lettori di Tex costantemente volta alla ricerca di status symbol da collezione -, né quella, parimenti pregiata ma esclusivissima, costituita da soli diciannove esemplari romanamente numerati.
L’opera, peraltro lungamente attesa, è, purtroppo, priva di apparato critico; non si compie in essa alcun tentativo di classificazione e periodizzazione delle molteplici modifiche apportate alle tavole nel corso della vita editoriale texiana. In alcuni casi sono pubblicati, in luogo delle vignette originali, gli stamponi. Non è chiaro, tuttavia, se questa scelta sia stata fatta per mere esigenze di uniformità grafica, oppure perché quelle tavole non sono più reperibili. Nel primo caso, sarebbe stato doveroso pubblicare comunque gli originali, anche in un diverso formato e in un’apposita sezione. Degli stamponi, inoltre, occorreva indicare l’epoca.
Questo libro, cionondimeno, si rivela molto prezioso, sia perché contiene probanti elementi di conferma di alcune ipotesi relative a questioni controverse della storia editoriale texiana, sia perché, a tal riguardo, apre nuovi scenari e pone ulteriori interrogativi.
Espongo sinteticamente alcuni punti emergenti da un primo, non approfondito, esame:
1. Trova conferma quanto avevo sostenuto in un articolo di due anni fa (Maurizio Di Vasto, “Tex Killer”, storia di una svista, “Texiani in libera uscita”, n. 18, agosto 2021) a proposito della decisione presa da Tea Bonelli di assegnare a Tex il cognome Willer, in sostituzione dell’originario Killer indicato dal marito. Ritenevo che tale decisione fosse stata presa anteriormente alla realizzazione delle prime tavole da parte di Galleppini e che la presenza dei pochi “Killer” (in totale sei) in alcune strisce di Tex (la quinta, l’ottava e la nona della prima serie) fosse stata causata dalla pedissequa riproposizione nelle vignette, da parte del calligrafo Gino Rognoni, di lapsus calami commessi da G.L. Bonelli al momento della stesura dei testi. La vulgata corrente collocava invece la scelta di cambiare il cognome a Tex più avanti nel tempo, dopo la realizzazione delle prime tavole; sosteneva, in conseguenza, che fosse stato necessario correggere le “K” con le “W” direttamente sulle tavole e che l’erronea presenza dei sei “Killer” fosse ascrivibile a controlli redazionali un po’ frettolosi e carenti. L’osservazione degli originali fuga ogni dubbio; non ci sono tracce di correzioni: la “W” di Willer risulta inequivocabilmente presente dall’inizio.
2. La mutevole forma della coda del cavallo di Tesah (prima striscia di pag. 7) nelle edizioni non censurate della seconda serie “gigante” (“Nba-Killer”, “Nba-Willer”, “Leggete senza purtroppo”, “Leggete con purtroppo”) fu causata esclusivamente dal progressivo logoramento della matrice di stampa e dai tentativi operati in tipografia per porvi rimedio. La forma della coda del disegno originale è, infatti, identica a quella delle strisce e delle ristampe anteriori alle versioni non censurate, nonché a quella delle ristampe posteriori a quest’ultime.
3. Identico è il discorso nel caso della vicenda del “purtroppo” di pag. 135: la riscrittura dell’avverbio con una grafia difforme dal contesto e la sua temporanea scomparsa (in alcune edizioni non censurate), sono attribuibili al deterioramento della matrice e ai conseguenti interventi tipografici. Nella vignetta originale la scritta in questione non presenta, infatti, alcun segno di modifica.
4. Le modifiche volte a riproporre abiti femminili succinti, apportate in occasione della ristampa Tutto Tex del dicembre 1985, non furono effettuate sulle tavole, che mantengono invece inalterati gli interventi “autocensori” risalenti ai primi anni ’60.
5. All’opposto, numerosi disegni che subirono modifiche “autocensorie”, qui sorprendentemente si presentano nello stato in cui erano apparsi in edicola la prima volta. Le gambe di Tesah in diverse vignette sono scoperte e il disegno è identico a quello delle edizioni non censurate, privo, cioè, di quei ritocchi che, nelle edizioni censurate, tentano grossolanamente di delineare la foggia di improbabili pantaloni. Tutto ciò indurrebbe ad avvalorare l’ipotesi che si tratti di vignette rifatte integralmente all’epoca della ristampa Tutto Tex, quando fu realizzata la scelta di “ripulire” i disegni dai precedenti rimaneggiamenti “autocensori”; senonché, in tale ristampa, le gambe sono sì scoperte ma le frange del gonnellino sono disegnate diversamente dalle tavole. Da segnalare, inoltre, nell’ultima vignetta di pag. 152 e nell’ultima della seconda striscia (di cui è pubblicato lo stampone) di pag. 153, il disegno della scollatura di Joan: è identico a quello delle edizioni non censurate e della Tutto Tex.
Questo volume si rivela, pertanto, fondamentale, malgrado i limiti sopra evidenziati. Sarebbe auspicabile, per il futuro, che la pubblicazione delle tavole originali proseguisse e che venisse proposto anche altro materiale, come, ad esempio, le colonnine espunte; in particolare, nel caso de La mano rossa, quelle iniziali degli episodi La roccia parlante e Terrore a Calver City che facevano parte della prima tavola di Tex in assoluto disegnata da Galep e quella conclusiva del quinto episodio contenente il primo “Killer” corretto. Sempreché, ovviamente, esistano ancora.
Maurizio Di Vasto [04/01/2024]
Fino al marzo del 1956, quando l’Audace pubblica il secondo volumetto della raccoltina Rossa nella sua variante retinata, come supplemento al n. 2 della serie “Topazio” - 25 marzo 1956 -, la parola “purtroppo” è presente nella sua chiave originale, ossia quella nata dalla mano dello storico letterista Gino Rognoni. Da quel momento in poi la parola appare, dapprima riscritta in uno stile sgradevole, poi non la si vede per un po’, e infine ricompare in una seconda ma differente brutta grafia. Un susseguirsi di modifiche che ha dell’incomprensibile, ma che si risolve con una ipotesi verosimile: la matrice di stampa, con impressa la versione del povero Rognoni, deve aver subito un danneggiamento in tipografia. In alternativa, essersi rovinata durante il continuo andirivieni tra stamperia e redazione del corriere incaricato: Sergio Bonelli. Si dice, infatti, che fosse proprio il giovane Sergio che, in sella alla sua lambretta, andava in tipografia a ritirare le lastre di zinco, storia che lo stesso Sergio Bonelli ha raccontato in più occasioni. Sarà andata pure così, ma a me sembra inverosimile che alla fine dei ’50, quando il ventiseienne Sergio Bonelli era già direttore responsabile dell’azienda, il suo ruolo fosse ancora quello di fattorino. Io invece credo che la storia sia riferita ad un periodo precedente. Ad ogni modo, in qualunque maniera sia andata, ciò che ci interessa è apprendere che la striscia originale con la versione rognoniana del purtroppo, data ormai per stecchita, è ancora tra noi e, non di meno, che quella che riappare trentasette anni dopo, in occasione della ristampa “TuttoTex” (dicembre 1985), si deve proprio all’originale e non a una patinata.
Ecco il nostro purtroppo in una genesi che elenco in punti:
1. 1948 sulla striscia settimanale in bella grafia (23 dicembre 1948)
2. 1949 sulla raccoltina I^ Serie in bella grafia
3. 1952 sulla collana Albo d’Oro in bella grafia.
4. 1956 sulla raccoltina retinata III^ Serie in bella grafia
5. 1958 sulla raccoltina non retinata III^ Serie in brutta grafia versione n. 1
6. 1959 sul non censurato Leggete II^ Serie in brutta grafia versione n. 2
7. 1960 sul censurato NBA II^ Serie in brutta grafia versione n. 2
Da questo momento in avanti, il “purtroppo”, nella versione n. 2 in brutta grafia, appare in tutte le ristampe spillate e in quelle in brossura (queste ultime fino alla prezzatura da lire 1000). Nel frattempo, verrà gradualmente ricomposta la frattura della cornice della vignetta e corretta anche la parola “quacosa” pronunciata da Tex nel balloon di riferimento. Io mi chiedo ancora: perché non fu riutilizzato l’originale, visto che nel Tre Stelle tutta la parte alta della vignetta sembra si tenga insieme con del nastro trasparente.
E dunque, che fine ha fatto la prima versione del purtroppo mal scritto che appare nella raccoltina non retinata? Esiste una patinata, una matrice di stampa, una lastra, una pellicola, un cliché che ne possano ancora certificare la presenza? La mia impressione è che quel purtroppo non esista più, né su lastra, né su patinata, né su altro supporto. E un’altra impressione che ho è che la storia raccontata da certi colleghi extraterrestri che giurano di aver viaggiato nel tempo e visto Tea eliminare il “purtroppo” senza il consenso dell’ex marito e Gianluigi alterarsi e chiederne immediatamente il recupero, sa di tanto di ciancia. Suvvia, va da se che la eliminazione del purtroppo, mai pretesa da Tea, non ha nessuna relazione con una presunta cattiva “sintassi” della frase: “purtroppo si” o “purtroppo, si” sembrano essere corretti. “Un inutile rafforzativo, quel purtroppo” gridano gli studiosi. Così, in mezzo alla babele di cose da fare durante la settimana, tra tavole disegnate, tavole da letterare, coordinarsi con la stamperia, con la distribuzione e, ultima ma non ultima, curare le altre collane Audace, i nostri eroi si prendevano una pausa tea per discutere circa la valenza del nostro sciagurato “purtroppo”. Nessun tea break per Wiski, Antlaw, Insaguinata, Tiger Jeck o, in tempi di fervida organizzazione, per una cover con una mano a sei dita. E pensare che persino negli anni novanta gli scappava una cover con due mani sinistre.
Caro extraterrestre, il piede giusto per atterrare è sempre l’altro.
N.b. A questo punto, non si può più essere certi che la versione dell’1 nc leggete/purtroppo sia una stampa successiva ai nc senza il purtroppo, non almeno tirando in ballo la storia che quel n. 1 riporta il purtroppo “non originale”, visto che un purtroppo “non originale” già esisteva. Ed esisteva probabilmente ancor prima dell’uscita del Killer e del Willer.
Francesco Bosco [29/12/2023]
E come se non bastasse, ecco per tutti gli appassionati di Tex un altro rompicapo: un bel purtroppo resuscitato per le feste natalizie! Anzi due purtroppo, uno bello e l’altro tanto brutto da non potersi guardare in faccia. Il primo ce lo serve su un piatto d’argento la tavola originale fotografata e pubblicata sul volume di recente uscita “La Mano Rossa”, edito per i tipi di Scarabeo in collaborazione con la Sergio Bonelli Editore, quello che ormai era stato dato per stecchito da intere schiere di sapienti, presente in bella grafia nella striscia originale del 1949. Il secondo, davvero un brutto anatroccolo, è invece quello che troviamo sulla raccoltina non retinata della serie Rossa, un purtroppo mai passato sotto la lente di ingrandimento degli studiosi, con una grafia, se possibile, ancor più brutta di quello che notoriamente appare sul non censurato della II^ serie gigante con “Leggete” in terza.
Un pugno nello stomaco per i cronologisti, visto che gran parte delle ipotesi stilate fino ad oggi saltano a causa di un immotivato sonno eterno attribuito al purtroppo della prima ora.
Di qui una serie di domande, la principale delle quali è naturalmente quella in cui si chiede per quale oscuro motivo non fu usata la striscia originale, col purtroppo del Rognoni, per la stampa di collane postume come la raccoltina non retinata e il gigante II^ serie. Vado a naso e ipotizzo che probabilmente si preferì lavorare con la lastra di zinco, evidentemente danneggiatasi subito dopo la stampa della raccoltina retinata della serie Rossa, piuttosto che rifarne una nuova. Quindi tutto parte dalla non retinata, che si dice pubblicata due-tre anni dopo la retinata, che è del febbraio 1956, per finire ai giganti non censurati e censurati. In tutto questo tempo, è passata, senza modifiche o ripristini, la bruttura del purtroppo scritto in modo maldestro che compare nella terza striscia della tavola a pagina 135. Peraltro, la vignetta con Jeff, che non è stata né ridisegnata da Galleppini, né riscritta nel testo (almeno nel termine “purtroppo”), ricompare nel primo volume di CSAC (2007) e, virgola più virgola meno, mostra l’originale grafia del Rognoni.
Bene, se questo sposta qualcosa sull’assegnazione circa la prima stampata di Tex del 1958 (Leggete o NBA?), non è ancora dato sapersi. A mio avviso, le diversità tra il purtroppo della non retinata e quello della versione NC Leggete, imporrebbero intanto qualche riflessione.
Riassumendo, anche per quelli del web che le cose sbagliate gli tornano sempre giuste: i purtroppo sono tre, non due o quattro o… ogni due uno in omaggio.
Noi ci vediamo con il prossimo articolo sul brutto anatroccolo
Francesco Bosco [23/12/2023]
Dagli archivi di Casa Bonelli, un gioiello perduto e ritrovato! Una storia ideata dal creatore di Tex, Gianluigi Bonelli, e illustrata dal grande disegnatore Sergio Tarquinio, per anni rimasta misteriosamente celata nell’ombra, viene per la prima volta pubblicata in volume. Un imperdibile "pezzo da collezione" che porta con sé il sapore e le atmosfere del più autentico fumetto bonelliano, vede la luce in un’edizione imprescindibile per ogni appassionato di Tex. Il tutto è impreziosito dalla riproduzione integrale della sceneggiatura originale, con bozzetti e appunti autografi di Gianluigi Bonelli. (Lancio di presentazione SBE). E così, andando in libreria per guardare questo “Ombre di morte”, la prima domanda che mi sono posto è stata: ma perché Sergio Bonelli fece disegnare a Tarquinio tutte quelle tavole e poi abortì il progetto? Non ne bastavano solo un paio per capire? Devo dire che, almeno per quanto mi riguarda, l’abbiamo scampata bella: Tarquinio è lontano da Tex quanto Fantozzi dalla corazzata Potëmkin. Non me ne voglia l’autore, ma, se la cosa lo può onorare, “essere lontani da Tex” è una definizione che avrei usato anche per Hugo Pratt, Ferdinando Tacconi o Rino Albertarelli. Però, nel suo caso, tavole prive di anima, scenari piatti, personaggi legnosi, privi di magia e al limite del grottesco, insomma uno stile davvero inadeguato per la serie di Tex.
Ma vediamo qualche dichiarazione scaricata dalla rete…
Nel 1961, Sergio Bonelli, l’inventore di Tex, chiama Tarquinio. “Mi propose di fare delle tavole tentando di uniformarmi allo stile di Galleppini (Arturo, a lungo unico disegnatore di Tex, ndr). Accetto, mi metto all’opera, in un mese e mezzo finisco. Non e’ stato difficile. Ricordo che in quei giorni il mio amico Persico mi chiese di accompagnarlo a Milano perché voleva strappare il permesso di apporre Tex sui suoi calendari. Tantissime aziende puntavano ad avere quel marchio, i produttori di giocattoli, persino una fabbrica di saponette. Giovanni Bonelli, il padre di quel genialoide di Sergio, ci ricevette e mi domandò come stava andando il mio Tex, che doveva essere nelle intenzioni, ma solo nelle intenzioni, il primo numero di una serie di album cartonati. Dicevano che ero troppo bravo, mi chiamavano ’maestro di cavalli’. Ma io non volevo imitare un altro. Andammo a pranzo in una pizzeria e non ne parlammo più”.
Qui, da un volume di Allagalla uscito prima della scoperta delle tavole di Tarquinio: “Nel 1961 mi contatta Bonelli per Tex e mi dice… guarda cosa fa Galleppini… prova a fare qualcosa un poco simile. Io va beh, tento e faccio tre tavole. Gliele porto in studio. Bonelli le mette sulla scrivania, una di fianco all’altra. Le guarda, poi guarda me e mi dice… Non ci siamo, Sergio. Lui aveva una paura matta che immettendo un disegnatore nuovo, con un tratto troppo diverso da Galleppini, la tiratura calasse. Era una specie di panico, quello che lo prendeva. Io l’ho guardato e gli ho detto… Sergio, guarda, io meno di così non posso fare. Perché per me imitare era come tornare indietro. Nessuno di noi, da Muzzi a Corteggi a D’Antonio apprezzava Galleppini. Ci sembrava avesse uno stile vecchio, che riportasse indietro il West… nei primi anni disegnava le pistole come un cilindro con un tubo infilato dentro! Il segno di Galleppini era comprensibile a tutti: sempre le stesse facce, sempre gli stessi movimenti… io volevo, già allora, avvicinarmi al West della realtà. È stato il tratto troppo moderno e l’accuratezza delle tavole a spaventare Bonelli. I dettagli delle selle, delle armi, i cavalli, i costumi…”
Intanto, secondo queste dichiarazioni, Tarquinio avrebbe disegnato le tavole (3) di Tex nel 1961 (1961 o 1965, come scrivono alla Bonelli?). Poi dice che di meno non poteva fare… e fa intendere che non si era abbassato ai livelli Galleppini. Egregio fuoriclasse di selle, cavalli e costumi, a noi va bene esserci accontentati di Galep, ci faceva divertire con le sue pistole a cilindro e se proprio dovevamo sapere come era fatta una Colt ci compravamo un libro sulle armi, non un fumetto. Altra cosa che non mi quadra è quando dice che Muzzi, Corteggi e D’Antonio non apprezzavano Galleppini. Beh, intanto, pistolette a parte, se fosse dipeso da questi tre e dalla loro prolificità, il Tex sarebbe morto editorialmente dopo poche settimane: dei tre, al limite solo D’Antonio aveva “diritto di critica”, perché non mi pare che gli altri due fossero superiori a Galep, anzi ne erano lontani anni luce. Poi, è strana questa cosa: a me Muzzi di Galleppini parlò benissimo. Muzzi, per sua stessa ammissione, nascondeva spesso le Colt dietro il fumo della polvere da sparo. Corteggi? Corteggi francamente era un disegnatore di fumetti appena dignitoso.
Non so, di Tarquinio e la sua arte ho sentito giudizi che condivido, ossia che le sue pistole, le sue selle, eccetera, sono valide, ma i suoi personaggi sono legnosi, statici, con dei capoccioni abnormi, quasi più abnormi di quelli di Corteggi. Ricordandomi di certe dichiarazioni e, in aggiunta al fatto che io della “Storia del West” riuscii addirittura ad apprezzare più Bermejo che Tarquinio, ho sfogliato in libreria il volume “Ombre di morte”, ho scattato un paio di foto alla sceneggiatura di GL, e alla fine l’ho lasciato li: come aveva prefigurato quel genialoide di Bonelli… non ci siamo, Sergio!
Ah, per scrupolo sono andato a rivedermi le video-interviste che trent’anni fa girai a casa di Galleppini: ebbene, non una parola fuori posto su ognuno dei suoi colleghi, nemmeno quando mi raccontò di un alterco piuttosto acceso avuto con Hugo Pratt nei primi anni ’70.
In quasi cinquanta anni che frequento il mondo dei fumetti, l’unico big che ha speso belle parole per Aurelio Galleppini, il più popolano disegnatore del fumetto popolare, è stato Roberto Raviola, il resto dei fenomeni… beh, lasciamo stare.
N.B. nell’immagine a corredo, assieme alla copertina del volume, la sceneggiatura di G. Bonelli fatta con ritagli di vignette del Tex di Galep
Francesco Bosco [14/12/2023]
Virgilio Muzzi arriva a Tex nella primavera del 1960 disegnando l’episodio "Contrabbando" (serie a striscia "Città d’Oro" o albo gigante n. 44 "Una audace rapina"). Per circa otto anni presenzia su Tex in modo però incostante, anche se bisognerebbe smetterla di associarlo a Galep ogni volta che si parla dei suoi disegni: sue e solo sue, le prime due storie, al di la delle infelici conclusioni tratte dai soliti orbi in fatto di grafica texana, che lo vedrebbero con le teste di Galleppini fin da subito. Segue un periodo decisamente travagliato in cui l’autore si districa tra poche storie complete (lì si con le teste di Galep) ed un mucchio di compartecipazioni alle tavole di Galep, assieme e Raffaele Cormio. Quando si scrive che Muzzi fu tra i primi a illustrare Tex in alternativa a Galep, si commette un errore grossolano, da veri neofiti, infatti prima di lui ci sono stati Mario Uggeri e Francesco Gamba, senza contare i contributi di Guido Zamperoni, Pietro Gamba, Lino Ieva e di ghost artists mai identificati. A proposito di ghost artists, secondo i nostri soliti orbi, uno di questi sarebbe Angelo Corrias, ma congetturare circa la presenza di questo autore nella grafica texiana del primo periodo, è come prendere la parte grafica di Tex non troppo sul serio. Per ritornare a Muzzi, ritengo che con la pubblicazione delle storie inedite sul gigante (la prima fu "La caccia" disegnata proprio da Muzzi in stile vagamente ticciano-giolittiano), l’autore si guadagnò i gradi per far parte del quintetto storico che illustrò Tex nel periodo di maggior successo editoriale. La persecuzione di dover lasciare a Gallleppini le teste di Tex comunque non l’abbandonò mai, chiuse infatti la sua ventennale storia con il Ranger con qualche amarezza:
"... era avvilente dover lasciar degli spazi vuoti per le teste" mi confessò.
Cronologia delle storie di Tex
Contrabbando Tex a striscia serie “Città d’Oro”, 1960
La tredicesima mummia Tex a striscia serie “Mexico”, 1961
Linciaggio Tex a striscia serie “Navajo”, 1962
Sangue sul Buck Horn Tex a striscia serie “Comanches”, 1963
Oltre il deserto Tex a striscia serie “Osages”, 1964
L’enigma dello scudiscio Tex a striscia serie “Nebraska”, 1964
Pony Express Tex a striscia serie “Pueblo”, 1965
Gli incappucciati Tex a striscia serie “Pueblo”, 1965
I cacciatori di bufali Tex a striscia serie “Cobra”, 1966
Yuma Tex a striscia serie “Cobra”, 1966
I predoni del Missouri Tex a striscia serie “Cobra” 1966/1967
La caccia albo gigante n. 96, 1968
La Dama di Picche albo gigante n. 116, 1970
Il cacciatore di taglie albo gigante n. 130, 1971
Gila River albo gigante n. 149, 1973
Texas Bill albo gigante n. 180, 1975/1976
Francesco Bosco [11/12/2023]
E niente, non se ne viene a capo! È passato ormai qualche anno dalla scoperta del Killer nella testina finale del 5° episodio dell’albo n. 1 NC NBA, e qui ci sono ancora soggetti che continuano a far casino o, se vogliamo vederla in tutta la sua essenza, a fare i finti tonti sulla vicenda con scopi ben precisi. Lo so, a tanti amici questa storia del Killer ha davvero dilatato a dismisura le palle, un argomento ormai superato, noioso e finanche molesto e sul quale non ci sarebbero più altre parole da sprecare, ma il dubbio che qualcuno possa aver preso fischi per fiaschi, o ci stia marciando, è concreto, per cui l’approfondimento diviene necessario, se non altro per indottrinare quei collezionisti che, non si capisce come, cadono fatalmente tra le braccia di qualche astuto volpone.
Potrei tranquillamente lasciare che le volpi depredino il pollaio, visto che non sono affari miei, ma è che ho il brutto vizio di infilarmi nelle vicende tra volpi e polli per evitare che i polli vengano poi a chiedere lumi al sottoscritto. Scrivo infatti queste due righe subito dopo aver appreso di un tentativo di fregatura perpetrato non più tardi di un mese fa ai danni di un giovinotto da poco avvicinatosi al collezionismo texiano e fortunatamente per lui non andato a buon fine. E scrivo anche per quei pochissimi venditori che vedendo un la qualunquemente Killer (perdonate la citazione alla Cetto, ma in questo caso calza a pennello) pensano di possedere quel Killer. Vagli a spiegare che il termine esiste e resiste, peraltro in versione multipla, ancora nella ristampa Tre Stelle del 1964.
Ad ogni modo, una precisazione mi corre d’obbligo: fate attenzione ai polli… sono capaci di prenderti come cassazione e far il tuo nome in caso di mal parata. Oppure usarti come valvola di sfogo una volta che la tragicomica si sta consumando in loro danno.
Allora, per chiarezza, i Killer presenti nelle versioni Non Censurate sono sempre 5, con l’eccezione di una stampata NBA che vede Killer nella testina finale del 5° episodio, che in genere presenta il numero in costolina basso, misura 21,8-21,9, ha le tre strisce disallineate nel bordo esterno e presenta la coda arricciolata del cavallo di Tesah alla striscia n. 13 del primissimo episodio (Il totem misterioso). Se non trovate queste caratteristiche nella copia Killer che vi viene proposta, sappiate che, nel 99% dei casi, siete di fronte ad una turlupinatura. Se poi siete masochisti, pensiero che mi ronza nella testa da un po’ di tempo riguardo a certi collezionisti stranamente e qualunquemente minchioni, girate al largo dal sottoscritto, visto che è anche capitato di sentire qualcuno che, una volta ravanato a dovere là dove il sole non batte, accampasse contorte teorie sulla valenza del Killer della testatina di riferimento. Certo, non è escluso che possa trattarsi del “Killer” appartenente ad una stampata postuma al Willer, ma in quel caso saresti doppiamente minchione.
E dunque, vale sempre e comunque il teorema Wanna Marchi: se sei così scemo da aspettare l’intera notte per vedere il sale sciolto nell’acqua, allora ti meriti una puntata del Grande Fratello al giorno e qualcuno che ti rovisti a dovere là dove sappiamo.
Non ho capacità divulgative pari a quelle di Facebook o dei personaggi illustrissimi del settore, ammazzasette compresi, ma a corredo di questa breve esposizione metto la foto della testatina là dove il sale è ancora duro e la coda del cavallo è nella sua massima eccitazione, ho infatti l’impressione di non vedere mai, né su FB, né presso le ditte delle illustrissime eminenze, foto che facciano chiarezza sull’affare K.
Il problema è tutto là: le foto. Quelle che su Vintage Comics spiegano la questione assai chiaramente ormai da più di tre anni.
Francesco Bosco [09/12/2023]
Con la quantità di idiozie con cui vengono descritti in questa buia era dei social Tex e i suoi autori, ci si potrebbe segnare virtualmente la linea di un nuovo parallelo del nostro globo terrestre. È un elenco infinito di “perle” che si arricchisce giorno per giorno, senza nessuna pietà e senza nessun tipo di filtro da parte di chi gestisce gli spazi online di riferimento. Già, il problema è proprio là, nella gestione di queste pagine dedicate al fumetto, ovviamente non solo a Tex, che vengono inaugurate quasi giornalmente senza un cavolo di costrutto logico, della serie: Egli apre la pagina, diciamo “Tex e la rara III^ serie gigante” e chiama l’adunata. Ma la chiama senza le necessarie competenze gestionali, quindi egli è come un fabbro che non conosce il ferro, così alla prima castroneria proferita dall’adunato egli sarà dapprima colpito dalla pre-sincope e infine dallo svenimento: “È svenuto?!” è infatti la domanda che più spesso mi pongo quando ad un certo punto il moderatore latita. Ma mi rendo conto che un moderatore di pagine texiane non può sapere tutto e può quindi giustamente prendersi la libertà di non intercedere di fronte a calamità naturali come “Vatti a rileggere i vecchi numeri e vedrai gli spiegoni che scriveva G. L. Bonelli” (l’argomento è d’alta scuola e fa leva sulle innate doti intellettive del lettore di Tex: l’atavica lotta tra boselliani e bonelliani, circa la prolissità degli autori), ma quando vedi egli latitare su raddrizzamento di pratiche di normale amministrazione, tipo “Gallopini” (ma anche Gallep)… “Ticci era il più lento del quintetto storico” (Ticci, Galep, Nicolò, Muzzi e Letteri)… “Oggi a Galep non farebbero fare nemmeno i disegnini delle istruzioni di montaggio dell’Ikea” (‘sta roba parla da sola)… “Scusate, ma il torturato è Carson?” (è Arlington trascinato dal cavallo di Nashiya in Vendetta Indiana)… “Lo stesso Galep ha raffigurato Tex in molti modi diversi, e quindi? Qual è il "vero" Tex?” (e il fenomeno ci mostra 4 vignette ma una è di Torricelli) o “Galep in tutto il suo squallore”… tutto diventa maledettamente tragico.
Com’è che diceva Magda? "Non ce la faccio più". E ti credo, come puoi resistere per più di cinque minuti con un rompicoglioni come Furio. Comunque non ce la faccio più è la frase che mi scrisse qualche tempo fa l’amico Melchi nella chat di FB. All’inizio non afferravo, ma poi ho capito con chi ce l’aveva: con i soliti texiani della domenica che… scansati Furio. Eh già, bisogna saper resistere quando sei dentro i social, capire che la maggior parte dei post è aria fritta, roba senza senso. Certo, esiste anche una minoranza di partecipanti con capacità analitiche degne di un trattato texiano di alto livello, ma la maggioranza è quella che è.
Vengo al dunque e vi indico il significato per quel non ce la faccio più che l’amico Melchi che mi sottoponeva con una cinquantina di commenti:
Oggetto Tex n. 56 : Qua Tex deve vedersela con la rivolta dei najavi delle terre alte
Oggetto ignoto: Questo è stato fatto in tre versioni, io ho quello grande da 35 euri, c’è anche quella cartonata autobiografata dall’autore, e quella dei texoni
Oggetto "El Muerto": Testo di G.L.B. dsegni di Gallep, non poteva che essere un capolavoro
Non vado avanti, bastano questi tre. Personalmente la considero una roba del tutto innocente, che non lede nessuno, priva di ogni cattiveria, ma non posso dar torto a Melchi che se stai li un’ora si e l’altra pure a perseverare, senza nemmeno rileggerti, puoi risultare fastidioso. So’ anche perchè i “compagni di bacheca” non se la prendono su contenuti del genere e anzi godono: perchè avere nella pagina una tal dose di approssimazione è una ghiotta opportunità per salire in cattedra e impartire la lezioncina. La realtà è che spesso i cattedratici le dicono più grosse degli allievi… e io conosco almeno tre o quattro fenomeni da Cassazione.
Ci sono, poi, confini che non possono essere oltrepassati, né da egli né dai professori, ed è quando il commento è autorevole:
Tramonto Rosso è un fumetto del 1970 in cui l’autore GL Bonelli esprime liberamente la sua idea di guerra attraverso il suo personaggio.
In questo caso si fa bene a tacere, visto che trattasi di libera espressione su un argomento molto scivoloso: la conciliazione del politicamente corretto di Tex e del suo scorrettissimo autore. Sembra quasi di vedere Abatantuono esprimere liberamente la sua idea di calcio, andando allo stadio con la maglia dell’Inter.
Oppure…
Ken Parker è una serie troppo sofisticata per il pubblico medio dei lettori
Beh, certo, in uno spazio texiano, tale assunto ci sta come il cacio sui maccheroni. Nella vita ho sempre preferito il divertimento alle sofisticazioni, e comunque dico: giù le mani da Ken Parker, sempre messo nella ZTL dei fumetti, e non certo per volere degli autori che erano per la ricezione di una scrittura popolare, ma dall’intellighenzia che non conosce affatto le sofisticazioni texiane e i divertimenti parkeriani.
E lasciamo perdere, le vere sofisticazioni, quelle inerenti a questioni più tecnico-antropologiche; tecniche come il Galep inchiostrato da Pietro Gamba sulle copertine dell’Albo d’Oro (sacrilegio) o la recentissima scoperta delle cinque testatine datate del 13 terza serie gigante, scoperte però più di trent’anni fa (gag). Antropologiche come i baüscia che erano soliti disporsi ai confini della città per poter abbordare i turisti e far loro da cicerone, in alcuni casi accompagnandoli direttamente (cit. Wiki).
Egli, i Prof, i Baüscia e il Pollame. Ma dove vanno?
Francesco Bosco [06/12/2023]
"El Encapuchado" è una serie edita in Spagna dal 1946 al, mi pare d’aver capito, 1951. Non ho notizie più approfondite, purtroppo.
Gli autori delle copertine sono vari, ma questo F. Botef (anche in questo caso chiedo venia, ma non lo conosco) è strabiliante per bravura. Non ho l’abitudine di legare lo stile di certi artisti a quello di altri colleghi, ognuno ha la propria identità, ma la Satania di Botef mi ricorda parecchio le tempere di Alvaro Mairani con protagoniste donne. Impressione certamente sbagliata, dal momento che Mairani non mi risulta avesse altri modi di firmare le sue opere e nemmeno che lavorasse per gli Spagnoli. Galleppini e Mairani professionalmente hanno avuto numerosi punti di contatto ed è solo per questo che ho messo in relazione i due con F. Botef.
Una curiosità: il logo a sfondo giallo che troviamo in basso a destra ricorda la maschera di Zodiac, il serial killer che operò tra la fine degli anni ’60 e tutti gli anni ’70 in California, in un disegno realizzato dalla polizia su descrizione dell’uomo sopravvissuto all’attacco dell’assassino nel settembre del 1969 al lago Berryessa, nella contea di Napa.
Francesco Bosco [03/12/2023]
Per i tipi di Scarabeo, in collaborazione con la SBE, è uscito in questi giorni un bel volume su Tex nel quale vengono rese pubbliche per la prima volta le strisce originali dei primi quindici episodi, disegnati da Aurelio Galleppini tra il 1948 e il 1949, presenti nell’albo gigante “La Mano Rossa”. L’iniziativa è di notevole rilievo, nonostante qualcuno abbia rinunciato all’acquisto del libro per via delle innumerevoli censure presenti sugli storici originali del maestro toscano. Errore, a parer mio, e almeno per un paio di motivi che vado ad elencare.
Se proprio dovessi segnalare un punto “debole” del volume, direi che non ho visto una ricerca approfondita circa alcune tavole rifatte da Galleppini (compresa la storica prima striscia) e nemmeno spiegato, attraverso l’uso di qualche immagine, come di fatto si svolgeva il lavoro del Maestro: un aspetto che meritava una scrupolosa analisi. Non viene nemmeno sottolineato il fatto che le strisce montate con ritagli di disegni precedenti, sono ricostruibili su una singola tavola che in genere veniva allestita in redazione, o dallo stesso Galleppini, come ad esempio accade per le strisce numero 32 degli episodi “Il sentiero della morte”, “Terrore a El Paso” e “Nel covo di El Diablo”. In sostanza una specie di lavoro di rattoppi molto sbrigativo: il giorno di riposo del guerriero.
Poi un sospetto che ho da troppo tempo, un terribile sospetto: mancano, in sede di presentazione, le foto degli originali almeno delle prime tre copertine. Speravo di vederle in virtù del fatto che ancora esistessero e anche perché avrebbero dato ancor più lustro al volume, immaginavo che, con l’archivio della famiglia Galleppini a disposizione, quello delle prime tre copertine sarebbe stato un passo quasi destinato, ma evidentemente le tre cover, che purtroppo il sottoscritto non vide mai nemmeno a Chiavari in occasione della visita a Galleppini, non sono più presenti nell’archivio di famiglia. Non è un mistero infatti che in circostanza della pubblicazione delle riproduzioni abbinate al Radio Corriere (1985) Galleppini si era adoperato per rifare proprio le copertine, come ho dimostrato in un articolo recente qui pubblicato.
Spero ancora di sbagliarmi, ma…
Francesco Bosco [02/12/2023]
Sono ormai anni, dai tempi di “Wolfman” e “La città nascosta”, che sul sito non appare più una recensione del sottoscritto sull’inedito della serie mensile di Tex, l’ultima è del 2017 e riguardava “Il ritorno di Lupe”. Il motivo è semplice: da quella storia con Lupe ho smesso di acquistare l’albo. Sia chiaro, non smetti di comperare Tex per uno specifico motivo, e non certo per il livello di qualità delle storie (storie che in un contesto come quello degli anni ’70, dove il lettore era molto più maturo e meno feticista di quello odierno, avrebbe avuto il medesimo sconquasso provocato da “Caccia all’uomo” con Andy Wilson) o dei disegni (qui il discorso sarebbe lungo e complesso, e dunque evitiamolo) che è ormai da moltissimi anni a questa parte più o meno sempre lo stesso, smetti di comperare Tex anche per motivi apparentemente trascurabili, come ad esempio la scelta di una linea editoriale che vede il personaggio sempre più coinvolto in un disturbante turbinio di insensate strategie di vendita che nulla hanno a che vedere col marketing tradizionale della gloriosa Editrice di Sergio Bonelli. No, non sono un nostalgico di quelli alla “aridatece Galep e Bonelli”, fatevi un giro se lo pensate, anche se potrei sbattervi in faccia “Il Totem Misterioso & company” che in tempi recenti ha venduto milioni di copie con CSAC, e non sono nemmeno colui che, in qualità di tradizionalista, si sente vittima sacrificale del nuovo rinascimento texiano, nonostante decenni di fedeltà mi abbiano visto sempre puntuale davanti alle edicole. È che mi girano le scatole quando una linea editoriale come quella attuale vede Tex e logo sfilare come un modello in abiti diversi su una passerella di moda. Ovvio, non c’è un codice che non consenta di adottare misure straordinarie in casi emergenza, ma io qui di emergenza, fino a che ho acquistato l’albo, non ne vedevo, se non quella che riguarda il fisiologico calo percentuale del 5% annuo di cui si parla da anni.
In ogni caso, secondo lor signori, vi era oramai la necessità di metter mano al vecchio modello, di affiancargli nuove visualizzazioni, cercando così di accontentare il lettore dei nostri giorni, quello dei social che, oltre a misurare la lunghezza dei Winchester e comprare le varie versioni degli abiti della passerella, è capace di tenere in fila le statuine di Tex davanti ai volumi a tiratura limitata con disarmante nonchalance; e che vuoi non dar soddisfazione al misuratore dei Winchester? Lo schema è perfetto, efficace, e gioca sul fatto che la linea di demarcazione del lettore limited-statuinista risiede proprio nel fatto che egli arriverà a trascurare la sostanza per preferirgli la forma, ossia una stessa storia addobbata con due-tre cover diverse.
E allora, come cita l’undicesimo comandamento, lascia perdere.
Esiste altro modo che possa spiegare lo strano successo di questo Tex da passerella “sopra la stessa carne, abiti diversi”? Lascia perdere. Elaborazioni applicabili al lettore del mondo dei social, quello che è ad un abisso dal lettore degli anni ’70 che è avanti nella visione, esigentissimo nel richiamo dell’avventura, che mette a frutto la lettura di Tex per migliorare il suo tenore di vita, rispetto all’amante del Tex a dimensione razionale, storico e didattico, che noiosamente chiede di aver la vita dominata da forme nemiche antagoniste sempre più oscure e devastanti… insomma basta con le pistolette ad acqua del Galeppa e basta con gli esilaranti marziani del Bonelli! Puntiamo ai lati oscuri del personaggio… e fu così che il bacetto tra Lilith e il suo uomo divenne il vero motivo dell’esistenza su questa terra del lettore dei nostri giorni. Cavoli… bacetti e oscurantismo, le sfide quotidiane della vita che portano like a profusione. Lascia perdere.
Coraggio amici della tradizione, di cosa vi lamentate? Andrete in pensione, si coi bacetti di Lilith, ma con sempre accanto l’eroico ed insostituibile logo di Tex, quello non ve lo toglie nessuno. È che la rinascita del personaggio sta passando attraverso una strategia editoriale studiata a tavolino con piani di marketing pronti a conquistare i lettori internauti veicolando sul mercato, oltre a bacetti & variant cover, gadget, card, pupazzi, medaglie, targhette, t-shirt, francobolli, tazze, cassette, borracce, spille, portachiavi, eccetera. Questi i veri obiettivi di oggi, e non quelli di immaginare i momenti di imbarazzo quando ci mettono tra le mani un Tex come quello di “Una colt per Manuela Montoya”.
Qualcosa di positivo? Certo… dopo sei anni di rapporto interrotto con il Tex dell’edicola, approccio di nuovo al Ranger in occasione di un ritorno, quello della Tigre Nera, di cui ricordo l’ultima apparizione nel 2009 con “L’artiglio della Tigre” e “Il castello nero”, storia scritta (bene) da Claudio Nizzi e disegnata (bene) da Andrea Venturi. Ritorno ad effetto, non c’è che dire, visualizzato in maniera magistrale da un primo paio di cover di Claudio Villa che davvero mi hanno riportato in edicola. In più, i disegni ancora di Andrea Venturi, uno, secondo me, dei pochissimi fuoriclasse rimasti alla SBE. La sceneggiatura di Mauro Boselli sembra essere di buona levatura, quindi, se ci trovassimo anche solo di fronte ad un evento estemporaneo, possiamo dire che le buone storie, le belle copertine e i bei disegni sono il marketing naturale che permetterebbe all’azienda di dormire sonni tranquilli, alla faccia della strategia che a getto continuo sforna chincaglieria di culto e edizioni Limited da ammirare in bella posa sulle mensole della libreria, e riscritture del personaggio ben accolte dallo statuinista il quale sembra non disdegnare nemmeno un certo tipo di gossip.
… e nel fumetto d’avventura che cosa gli piace? Gli piace quella deliziosa sensazione di stupidità che ci prende tutti quando frequentiamo più o meno colpevolmente le forme basse della letteratura, quando leggiamo un giallo senza voler sapere chi è l’omicida, finché non arriviamo in fondo, quando semplicemente ci godiamo la ripetizione delle vicende di un eroe che sono sempre le stesse, che sono più formulari dell’epica francese, eppure ogni mese le seguiamo puntualmente, come voi sapete la schiera dei lettori di Tex rimane ancora fortissima in questo paese, anche a livelli di una certa età (Eugenio Burgio)
Francesco Bosco [01/12/2023]
Che cosa sei, che cosa sei, che cosa sei
Cosa sei
Non cambi mai, non cambi mai, non cambi mai
Proprio mai
Adesso ormai ci puoi provare
Chiamami tormento dai, già che ci sei…
Che cosa sei, che cosa sei, che cosa sei
Cosa sei
Non cambi mai, non cambi mai, non cambi mai
Proprio mai
Nessuno più ti può fermare
Chiamami passione dai, hai visto mai…
Parole, parole, parole
Parole, parole, parole
Parole, parole, parole
Parole, parole, parole
Parole, parole soltanto parole
Parole tra noi
Allegato: Le parole
La redazione [26/10/2023]
Potevamo, noi, esimerci dal partecipare ad una commemorazione di tale portata? Certo che no!
Soprattutto se si tratta della settantacinquesima.
Ma qualcuno dirà: “Siete delle vecchie mummie incartapecorite! Cosa c’entrate voi? Decomposte come siete, cosa volete commemorare? Andate a puzzare altrove. Ormai avete fatto il vostro tempo…”
Appunto, diciamo noi. Perché l’età non significa niente. E anche se siamo defunti, anzi proprio per quello, una festa ce la meritiamo anche noi. Ci spetta di diritto (col rispetto parlando).
Per cui bando alle bende e fiato ai sarcofaghi, perché il tempo è affamato e l’estate è alle porte: sì, quella fredda, dei morti.
Allegato: The Loved One
La redazione [02/10/2023]
Chi ricorda la storia di Rubens su Ebay? Era il mitico 2006 quando sulla storica piattaforma apparve, sotto appunto il nick “Rubens”, una incredibile fila di albi pregiati delle più disparate testate di fumetto: da Tex a Topolino, da Diabolik agli Zenit I^ serie. Il 2006 è stato senza ombra di dubbio l’anno in cui il fermento in ambito collezionistico raggiunse picchi mai più superati e dove le inserzioni su eBay si accavallavano in maniera impressionante, con venditori e compratori che spuntavano da tutte le parti. Davvero a volte non sapevi con chi avevi a che fare. Una volta mi aggiudicai una raccoltina e quando contattai il venditore mi accorsi che era un ragazzino di 17 anni che al telefono mi svelò di non capire nulla di fumetti: faceva da prestanome a un paio di mercanti (una cosa che accade anche oggi). Già, lui di fumetto non capiva nulla (come del resto gli ingaggiati di oggi che il fumetto è un po’ come la scatola della pizza che è quadrata, la pizza è rotonda e le fette sono triangolari. Conclusione; niente nella vita ha un senso), ma era furbo, molto furbo. In un’altra situazione, il mio venditore era una ragazza di Sassari di cui mi aggiudicai tre bellissimi censurati di Tex con strillo che aveva trovato in un cassetto di un vecchio comò della camera da letto del babbo. Li pagai circa 300 euro. Lei fu talmente soddisfatta della transazione che quando in un altro mobile della casa trovò i primi numeri delle raccoltine della serie “Rossa”, me li offrì fuori asta. Di situazioni simili potrei raccontarne a decine; una delle più insolite mi capitò però il giorno di Pasqua del 2006 quando nel bel mezzo del pranzo di famiglia ricevetti la telefonata di un ragazzino che voleva sapere se potevamo incontrarci per il Topo 500 con farfalla e la raccoltina n. 5 di Tex, albi di cui mi aveva chiesto informazioni qualche giorno prima. Appuntamento davanti al tribunale di piazzale Clodio, arrivarono in motorino lui e il suo amico, tutti e due non avevano più di 14 anni a testa. 150 per il Topo con farfalla nera, 200 per la raccoltina bianca (fumetti del nonno, un generale dell’arma dei carabinieri). I prezzi dell’epoca, in piena bolla speculativa, erano questi, bassi se rapportati a quelli di oggi, anche se non ti dovevi azzardare a parlare di eBay ai titolari dei banchi di Reggio, Bologna, Lucca e Genova, pena un bel vaffanculo. Altri esempi reali: Tex spillati fascia 33/43 circa 40-50€ cadauno, Zagor Zenith difficilotti come “Clark City” circa 70€, “Il Fante di Picche” circa 40€, “Gli Sciacalli della Foresta”, all’epoca considerato chissà perché un pezzo chiave, circa 150€ (in fiera 200€), “La Foresta in Fiamme” della Rodeo, anche questo pezzo chiave di allora, circa 100€ (in fiera 200€). Parliamo di albi in condizioni eccellenti, naturalmente. Ma, rimanendo a Tex, non posso proprio dimenticare quel bel numero 1 NC Leggete che mi aggiudicai in asta a 550 euro (prezzo in fiera, 1800€), stessa cifra per “Caccia ai Banditi” della 1-29 (cifra all’epoca esagerata, visto che il facile “Nel Covo di Mefisto” te lo tiravano dietro per 250 euro). Pur considerando la radicale trasformazione del mercato, da allora ad oggi, dove l’ottimo è ormai morto e regna incontrastato il pezzo da magazzino che tanto piace ai collezionisti affetti da vanagloria e, considerando anche la parallela crisi del fumetto d’antiquariato, fare oggi una collezione di Tex prevede esborsi che rapportati a quindici anni fa sono triplicati. Giustamente qualcuno si chiede: ma come, c’è crisi, Ebay è quasi defunta, le fiere non sono più quelle di un tempo, e i prezzi sono saliti? Sì, i prezzi sono saliti, i collezionisti hanno spostato il loro interesse verso gli albi da “edicola-magazzino”, dividendo il mercato in due: quelli con gli sghei e quelli senza sghei. Un po’ lo specchio della società attuale che sega le masse popolari (e tra un po’ toccherà a quelle medie) e favorisce chi di certo non ha problemi in termini di disponibilità economiche. Naturalmente c’è chi, pur non disponendo di molte finanze, riesce con ingegno a completare le sue collezioni comprando e rivendendo, ma questa è un’altra storia.
Ovviamente non tutte le serie sono salite, alcune sono scese per non dire crollate, vedi “Il Piccolo Ranger” e la “Rodeo”. Mentre, all’interno di testate che tengono sempre duro, vedi Tex, alcuni numeri hanno perso appeal, come il 68 e il 69, numeri che un tempo si vendevano molto bene.
Ma ritornando a “Rubens”, tra i suoi gioielli vi erano i ricercatissimi numeri 1 e 2 “serie 1-29” di Tex, assieme anche al 3 e al 7. Feci un’offerta di 3000 euro per il n. 2, “L’agguato”, e il giorno dopo ne feci altre per altri pezzi, compreso il n. 1 “La Tragica Notte”, ma poi quando un po’ alla volta le aste si stavano chiudendo, mi accorsi che non mi ero aggiudicando nulla: su “L’agguato” ero arrivato secondo e chi mi aveva superato lo avrei conosciuto di persona mesi dopo.
Ora, a prescindere dal fatto che tutto quel ben di Dio venduto da Rubens non arrivò mai nelle mani dei vincitori, visto che il tizio truffò tutti mettendo carta straccia nei pacchi, vi è da dire che alla fine dei giochi quel 2 serie 1-29, il pezzo più pregiato dell’intero lotto ed anche in ottime condizioni, raggiunse le quotazioni che si meritava in quel momento: tremila euro! Un prezzo “umano”, si direbbe, lo stesso dei numeri 11 e 12 di Tex con la quarta “RFW”. Ora, capire come oggi, in piena crisi di mercato, un 2 quoti 10/15000€ e come anche i nn. 11 e 12 “RFW” siano arrivati a toccare 8/10000€ per un singolo esemplare, è ai più incomprensibile. Incomprensibile però fino a un certo punto, visto che con l’avvento dei social sono cambiate di fatto platee e comunicazione, in pratica la platea di Facebook (composta da decine e decine di migliaia di utenti che nella maggior parte dei casi non ha mai sentito parlare di un albo spillato, di una censura, che ignora quotazioni e quant’altro, e a cui è stata fatta credere l’esistenza di albi mitologici, come quelli della serie 1-29, ormai la rappresentazione di una divinità in un santuario) funge da perfetto mezzo di propaganda. Prova ad inventarti che Pippo Baudo ha la serie 1-29 e dopo due secondi la notizia FB è fuori controllo… con il Pippone nazionale subito mito.
Beh, insomma, ci siamo capiti, è chiaro che non sarà mai uno della plebe a comperare il mitologico n. 2 a 10/15mila euro, ma sono proprio quelli della plebe i primi a mitizzare il numero. Magari lo prenderà lo stesso collezionista che meno di una decina di anni fa mi chiese se “L’ombra sotto il cappello” poteva essere messo in vendita a 300€, come aveva visto in un’asta, invece che 150/200€, come lui riteneva. Stiamo parlando di un Tex (n. 180 “Il Quinto Uomo”) che, perfetto, può valere al massimo una o due decine di euro. Lo compera e poi mi va a dare dello “sprovveduto” a quello che si fa propinare un’anastatica per originale.
A proposito di mitologia fumettistica: il Killer pare essere giunto a cifre considerevoli. E pensare che: 1) inizialmente non se lo filava nessuno, forse si stavano organizzando sul come far partire la speculazione; 2) la ricerca non è per niente giunta a termine, non oso immaginare il fragore se il K dovesse essere declassato ad albo “impazzito” appartenente a stampate del 1959. Guarda caso, non più di una settimana fa abbiamo scritto di disallineamenti (studi per altro precedenti alla scoperta del K) che, come volevasi dimostrare, sono stati debitamente snobbati, ma non ci stupiremmo affatto se qualcuno più in là li usasse per il solito tornaconto economico. Poi, cari pards, una collaborazione! Che ve lo dico a fare: ce ne fosse stato uno che, letti i nostri deliri… “Vero! il mio 3 NBA è disallineato” oppure “Cazzate! il mio NBA è a posto”. Viene da pensar male, accidenti: che stiano tutti col pensiero da un’altra parte? E cioè a come far fruttare 5 e 6 NBA e valorizzare il Leggete? Dai, l’amara verità è che dello studio cronologico di Tex non frega niente a nessuno e si fanno piuttosto orecchie da mercante per relativo tornaconto. Uno studio che comprovi la prima uscita di Tex in versione 1/6 Leggete? Il Killer è in fondo un po’ come il cinesino che sulla striscia originale si becca una scimitarra nella pancia, poi per qualche anno gli tirano calci in faccia e pugni nello stomaco, e poi poverino finisce di nuovo infilzato in una ristampa della ristampa. C’è/Non c’è/Aric’è. 1000€/7000€/500€.
Ah, ai “ben informati” che bazzicano eroicamente pagine social popolate da aziendalisti che si vestono da Tex, va tutto il mio sostegno morale. Come si chiedeva Woody Allen, “se l’universo si espande perché non riesco mai a trovare un parcheggio?” Killer e 1-29 a parte, semmai trovassi parcheggio dagli espansi aziendalisti, prova poi a sussurrargli in un orecchio che qualcosina dell’ultimo albo non ti è piaciuta e vedi come ti va a finire. Un “camicia gialla” che dice di leggere Tex da 50 anni, potrebbe chiederti in che albo si trova quel devastante Tex di Galep che scaglia la lancia sulla tomba di Lilith. È successo. Quello che tu pensi non accada, succede invece in un glorioso forum di Tex, dove un noto luminare della materia informa i vicini di casa che deve andare a rileggersi “Il giuramento” perché non ricorda “cose”. Devi prendere il n. 103, zio.
Ah se l’ignoranza fosse un piacere potresti passare serate meravigliose.
Francesco Bosco [12/09/2023]
Siete anche voi dei cultori dei grandi misteri texiani? Oppure no? In caso negativo urge da parte vostra aderire alla congrega e diventare finalmente adepti a pieno titolo, potendo così accedere alla beatifica visione. Ma ogni iniziato che si rispetti deve pur iniziare da qualcosa. Una prova la deve sostenere. E quale migliore, e tremendo, inizio se non la contemplazione del mistero dei misteri? La questione, come si sa, è terrificante: vengono prima gli uomini o gli scagnozzi? Quale oscura origine nascondono queste tremende parole? Da quali infernali recessi sono state liberate? Voi direte: “Chissenefrega!”. E invece no! Bisogna avere il fegato di guardare in faccia la drammatica verità. Per cui, giunti al passaggio cruciale, come scrisse il sommo vate, “Qui si convien lasciare ogni sospetto; ogni viltà convien che qui sia morta”. E aggiungiamo pure, per non sbagliare, “Ai posteri l’ardua sentenza”, “Chi vivrà vedrà”, “Chi più ne ha più ne metta”, ecc. ecc.
Allegato: Tra uomini e scagnozzi
La redazione [01/09/2023]