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Giuseppe Vannini [30/10/2025]
Qualche tempo fa un utente di uno storico forum di fumetti vintage ha pubblicato un post in cui segnalava il ritrovamento di una ristampa da 400 lire di un Tex, mi pare fosse il 128, con una sfumatura di colore in quarta di copertina tendente all’azzurro rispetto al tradizionale violetto.
L’utente si è poi risentito del fatto che non venisse presa in considerazione la sua tesi che ci si trovasse di fronte a una prova di colore editoriale poi scartata in sede di stampa definitiva.
Questa ormai frequente ossessione per il ritrovamento del pezzo raro porta a confondere un comunissimo inconveniente tipografico, probabilmente dovuto all’esaurimento di un colore, con il ritrovamento del Sacro Graal.
Sempre più spesso si spendono intere discussioni nel mediare definizioni che dovrebbero essere ovvie e note a tutti.
Cosa sia una variante, una prova di stampa, una prima tiratura, una tiratura di testa, una ristampa, una riedizione sono tutti concetti che ormai vengono manipolati in base al proprio tornaconto, non ultimo da molti commercianti. Non è raro trovare in vendita definiti come rarità albi con pagine bianche, stampate a rovescio o con sequenza di foliazione errata. Per non parlare poi di quelli che sanno sempre con estrema precisione quante copie sono state prodotte di qualsiasi tiratura di stampa.
Anni fa, passando davanti alla redazione di una casa editrice bolognese ormai scomparsa, notai accanto a un cassonetto una consistente pila di volumi di Will Eisner freschi di stampa. Incuriosito ne sfogliai qualcuno e mi accorsi che tutti quanti, da una certa pagina riprendevano con la pagina 1, ripetendo parte dell’albo. Si trattava di un classico errore tipografico, giustamente ritirato e cestinato.
Ebbene, un anno fa ho ritrovato uno di quei volumi in vendita in una fiera come curiosità da collezione…
Purtroppo questa fissazione di possedere ad ogni costo qualcosa di unico e di conseguenza prezioso è diventato un must del collezionismo “moderno” che va a snaturare in modo irreversibile quel pensiero nobile che all’origine stava alla base di appassionate ricerche e animati scambi di opinioni.
Sono passati trenta anni e forse più da quando si iniziò a tracciare le differenze tra le varie copie dei Tex spillati. La cosa nacque per passatempo, per cercare di ricostruire filologicamente la sequenza delle stampe in base a minime modifiche riscontrate su albi che apparentemente erano tutti simili, senza datazioni utili al riconoscimento. L’editore, più volte interpellato anche dal sottoscritto, diceva di non ricordare per cui si cominciò ad analizzare albo dopo albo con il calibro e la lente di ingrandimento. Quella che era considerata la prima edizione, veniva progressivamente sostituita da un successivo ritrovamento con più elementi e, almeno inizialmente, non c’era quell’accanimento che è esploso negli anni successivi. Ci si accontentava di avere in collezione uno spillato non censurato, possibilmente in ottime condizioni e i prezzi non variavano in modo così esponenziale tra una versione e l’altra.
Oggi il mercato si infiamma appena si informa la comunità di aver scoperto anche la più insignificante delle varianti, per cui spesso conviene tenere le informazioni per sé, specie se l’albo manca nella propria collezione.
Il paradosso che più mi rattrista è che si incontra il tizio che sa tutto della coda del cavallo all’insù o all’ingiù della tal vignetta ma non conosce il nome di chi l’ha disegnata.
Quando si discute sul fatto che il collezionismo del fumetto è in crisi io non penso alle statistiche che riportano numeri in costante calo, bensì al progressivo degrado qualitativo del collezionismo stesso, nella figura propria della persona collezionista. Mi si risponde spesso argomentando che è il tipo di collezionismo ad essere cambiato, spostandosi naturalmente da un approccio storico – filologico a un mero possesso del feticcio, meglio se immacolato e ancor meglio se è un ottimo investimento.
Sarà anche vero ma io sono troppo legato a un passato fatto di curiosità, quello che si basava sulla gioia del ritrovamento fine a se stesso e del poter leggere come finalmente finiva la storia.
Quando vado a una fiera ormai non mi butto più tra i corridoi a frugare sui tutti i banchi ma trascorro regolarmente quasi tutto il mio tempo a scambiarmi notizie e aneddoti con antiche e nuove conoscenze.
Ha senso tutto ciò?
Per un vecchio rimbambito che annusa ancora la carta, forse ancora sì.