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Sandro Bongarzoni [21/06/2025]
Mi tuffo in un viaggio nel tempo, precisamente nell’Italia del dopoguerra, quando i fumetti venivano visti come strumenti diabolici pronti a corrompere le giovani menti. Sì, proprio loro, quelle storie a vignette che oggi ci fanno sorridere e sognare, un tempo erano considerate un pericolo pubblico.
Immagino di essere un ragazzino negli anni ‘50, con le tasche piene di lire e una voglia matta di comprare il mio numero di Tex o magari un fumetto americano che sa di libertà e hamburger. Ma ecco arrivare la mannaia della censura. E no, non stiamo parlando di qualche professore severo, ma di veri e propri decreti e comitati che guardano i fumetti con sospetto degno di un film noir.
Tra i bersagli preferiti dei censori ci sono proprio i personaggi "importati" dagli Stati Uniti: troppo violenti, troppo disinvolti, troppo... troppo tutto! Non basta disegnare pantaloni più lunghi per le eroine o far sparire i sigari dai cowboy; bisogna proprio “educare” i lettori. Come diavolo fare? Semplice: sostituiamo le avventure mozzafiato con storie zuccherose e moralizzatrici. Togliamo la crema alla sfogliatella e diciamogli che è comunque buona.
E il nostro caro Tex Willer? Un eroe che spara agli ingiusti con un senso morale tutto suo, ma a quanto pare troppo poco “ortodosso"? Alcuni genitori sono convinti che leggere Tex è il primo passo verso una vita da bandito. Già ti immaginano a cavallo, pistola in pugno, mentre rapini una banca.
Non parliamo poi dei fumetti “neri” come Diabolik o Kriminal!! Quelli fanno venire i capelli bianchi ai benpensanti.
Ma qui la faccenda si fa ancora più ironica: la censura spesso rende le cose più affascinanti. Più cercano di soffocare quei fumetti, più i giovani li adorano, acquistandoli di nascosto come reliquie proibite.
Insomma, il dopoguerra italiano ci regala una lezione importante: se vuoi davvero che qualcosa diventi popolare, proibiscilo. Alla fine, Tex, Diabolik e compagnia sono sopravvissuti a tutto questo, diventando icone immortali del nostro immaginario collettivo.
E oggi? Beh, oggi possiamo leggere fumetti senza paura di essere accusati di chissà quale degenerazione morale. Anche se, ammettiamolo, un po’ ci manca quell’aura di ribellione che avevano i fumetti proibiti.