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Francesco Bosco [03/05/2025]
Luca era un uomo gentile e garbato, uno di quelli che lasciano il segno senza bisogno di alzare la voce. Non ebbi mai la fortuna di conoscerlo di persona, ma per un soffio, per un gioco del destino che sembra prendersi gioco di noi quando meno ce lo aspettiamo. Dovevamo incontrarci a Reggio Emilia, un appuntamento organizzato da un amico comune, eppure non accadde. Io passai dal suo punto di riferimento in fiera proprio mentre lui si era allontanato per un attimo; lui arrivò al banco dove stazionavo nel momento in cui me n’ero andato. Sembrava tutto così semplice, quasi scontato - in fondo, in fiera ci si incontra anche per caso - e invece no. Era il 2016.
Oggi, a tre anni dalla sua scomparsa, sento il bisogno di ricordarlo, perché al fumetto manca terribilmente una figura come la sua. Sarà pure retorica, ma con lui se n’è andata una parte dello spirito che anima il nostro medium. Forse la parte più bella: quella fatta di passione autentica, di conoscenza senza presunzione, di quella rara capacità di unire rigore e amore per la narrazione. Senza di lui, tutto sembra un po’ più vuoto, un po’ più smarrito. Eppure, resta quello che ha lasciato: un’eredità di parole, di studi, di entusiasmo condiviso. E il rimpianto per quell’incontro che non ci fu.