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Francesco Bosco [25/04/2025]

365 meno 1

Oggi tutti a parlare di Liberazione. Post, bandiere, citazioni di Calamandrei e Pertini. Tutto giusto, tutto importante. Ma domani? Domani cosa resta?

Il 25 aprile è una data fondamentale. È la nostra storia, la nostra coscienza, la nostra libertà conquistata con sangue e coraggio. Ma è anche un paradosso: la ricordiamo un giorno all’anno, come se bastasse, come se fosse un dovere da archiviare con un mazzo di fiori e un post su Facebook.

Io le odio, le ricorrenze. Che due coglioni! Mi ricordano l’8 marzo, “la festa della donna”: un giorno di mimose e frasi fatte, poi di nuovo silenzio, disattenzione, disuguaglianza. Come se bastasse una data sul calendario per sistemare le ingiustizie o per rendere omaggio a qualcosa che dovrebbe vivere ogni giorno, in ogni gesto. E mi ricordano anche le ferie d’agosto in cui tutti fanno appelli a non abbandonare gli animali (sempre sotto la bandiera dell’ipocrisia che non vede libero di morire, almeno quello, un animale prigioniero tutto l’anno di un bastardo/a pezzo di merda: in fondo, se vivi con una merda durante tutto l’anno, forse sarà meglio morire da liberi nei giorni di agosto, o no?)

Il 25 aprile non dovrebbe finire a mezzanotte. Dovrebbe essere ogni mattina, ogni scelta, ogni volta che diciamo no all’odio, al razzismo, alla violenza, all’indifferenza. Ogni volta che scegliamo la libertà, anche nel nostro piccolo. Perché la Resistenza non è finita. È un modo di stare al mondo. Un modo di resistere, appunto.

E allora va bene ricordare oggi. Ma soprattutto, ricordiamo domani.