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Francesco Bosco [24/04/2025]
Il fumetto di serie B degli anni ’60 e ’70 non era certo rappresentato da Tex o Diabolik, che erano successi editoriali di massa con alle spalle case editrici strutturate e autori di talento. Il sottobosco di cui parliamo era un altro mondo: una galassia di piccoli editori improvvisati, disegnatori dilettanti o alle prime armi, e sceneggiature raffazzonate, spesso scopiazzate da titoli più famosi. Ma proprio questa produzione minore, che all’epoca aveva vita brevissima e pareva destinata all’oblio, è oggi oggetto di una riscoperta collezionistica sorprendente.
Nel genere noir, per esempio, accanto ai grandi nomi come Kriminal, Satanik o Sadik, proliferavano titoli come Masokis, Demoniak, Spettrus, Killing, Cobrak, La Jena e altri, spesso con tirature limitate, disegni non certo accuratissimi, e una carica di violenza e erotismo volutamente eccessiva. Erano prodotti da editori o piccoli marchi usa-e-getta (senza sminuire Cofedit, Cervina, Bertè, ecc…) che sfornavano collane a ciclo continuo, alcune durate pochi numeri, altre persino pochi mesi. I fumetti venivano venduti con copertine sgargianti, titoli sensazionalistici e promesse di scandalo, per attirare lettori in cerca di emozioni forti.
Il livello artistico era spesso medio-basso a causa di una produzione a getto continuo (anche qui senza sminuire autori come Umberto Sammarini, Giancarlo Tenenti, Pietro Gamba, Franco Verola, Eros Kara, Pini Segna, Dino Leonetti, Adriano Busletta, Camillo Zuffi, Edoardo Morricone, Sergio Pascolini e altri) ma proprio per questo questi albi hanno oggi un fascino unico: quello del trash genuino, del prodotto artigianale spinto al limite, lontano dalle logiche editoriali canoniche.
Paradossalmente, oggi queste pubblicazioni sono diventate oggetti di culto. Non solo perché difficili da reperire (molte copie finirono al macero o furono semplicemente buttate) ma perché testimoniano un modo sporco, ingenuo, audace di fare fumetto. Collezionisti e appassionati le cercano con passione, attratti dalla loro aura perduta, dal gusto proibito, dalla grafica un po’ folle, e dal senso di libertà creativa che vi si respira, anche nei limiti della scarsa qualità tecnica.
In un’epoca in cui tutto tende ad essere raffinato, patinato e controllato, questi fumetti sembrano gridare ancora una voglia anarchica di raccontare, di provocare, di esistere. E questo li rende, oggi più che mai, preziosi.
Evviva il fumetto noir di serie B degli anni ’60 e ’70!