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Francesco Bosco [09/07/2024]
Ultimamente sta montando una cazzutissima polemica sulle dichiarazioni di Alex Britti nelle quali il cantante chitarrista riferisce di non aver mai studiato la musica in modo canonico, di non saperla né leggere né scrivere e di aver ottenuto tutti i suoi risultati suonando a orecchio, a forza de magna’ bistecche, a forza de schiaffoni, de esperienza, de locali, de club, de strade, de piazze. Non ha voluto scolarizzarsi per paura di perdere l’istinto… io voglio essere riconoscibile.
Apriti cielo, l’intellighenzia della musica, soprattutto quella dei baroni delle scuole della capitale, subito ha dato di matto, bollando le dichiarazioni del chitarrista romano come sacrileghe. Che te lo dico a fare! Ma un inutile caos mediatico, visto che non è difficile comprendere quello che Britti intendeva dire. E invece hanno girato al frittata e fatto addirittura intendere che lui non conoscerebbe manco un accordo di quelli che fa, figuriamoci un #7/9 o un maj7. Gran belle teste di minchia… sanno benissimo che non aver studiato canonicamente non significa non conoscere gli accordi, le tonalità, le modulazioni, il tempo in 3/4 ed altro, tutta roba che Britti e milioni di chitarristi come lui conoscono perfettamente attraverso l’esperienza. La musica la impari anche se la scansi ed è ovvio che se non la studi canonicamente non impari a leggere e scrivere le “formichine” sul pentagramma. Luis Amstrong e Ennio Morricone… uno autodidatta, l’altro compositore e direttore, due geni. Qualcosa da dire in proposito?
Imparare a leggere lo spartito non credo faccia parte della cultura musicale di Gilmour, Lukather, Emanuel, o dei compianti Beck, B.B. King, Hendrix, Lennon, Ray Vaughan, Van Halen e Battisti, vogliamo dunque fare tabula rasa di tutti questi personaggi per compiacere l’intellighenzia istituzionale, le scuole, le università della musica, gli youtuber che insegnano on line? Alex Britti è uno di loro, un semplice autodidatta che sa contare le misure, leggere le sigle sulla parte e suonare il 3/4.
Breve aneddoto. Nell’inverno del 1989 ero in un gigantesco hangar di amici dove si faceva musica, mi avevano affidato la direzione artistica. Un pomeriggio, mentre facevo il sound check alle chitarre in previsione del concerto serale, sale sul palco un tizio con con capelli lunghi tenuti da una fascia molto colorata, questo inizia a suonare sui miei accordi di prova e mi spaventa per la bravura. Meno di un minuto e lo lascio da solo, troppo forte per duettarci. Era Britti. Per la cronaca, gli accordi che stavo suonando erano quelli di All the thinks you are, di Jerome Kern, uno degli standard jazz più famosi, che avevo imparato ad armonizzare alla Scuola Popolare di Testaccio, nei primi anni ’80. Britti quella sera avrebbe tenuto un concerto blues in quell’hangar e non jazz, ma quel frammento di All the thinks l’aveva suonata a modo suo e funzionava a meraviglia.
Ecco, mi domandavo se un talento del disegno dichiarasse di non aver mai studiato e di essere emerso a forza de magna’ bistecche ed altro, cosa accadrebbe.
Per come la vedo io, studiare, quel tanto che basta, è utile, soprattutto se componi brani e li devi spiegare agli altri o devi studiare se non sei un gran talento: in musica, come in disegno, devi essere portato, altrimenti le bistecche te le dai tra i denti. E anche l’istinto non lo compri al supermercato tanto al chilo, insomma il musicista e il fumettista lo sono prima di frequentare o meno scuole di musica o di fumetto.
Pratt sarebbe diventato Pratt in ogni caso, Britti pure.