Sei in: Home page > Documentazione > Sergio 1993

Documentazione

Francesco Bosco [06/03/2019]

Sergio 1993

Alcuni pensieri sparsi del più grande editore di fumetti italiano e sceneggiatore indimenticabile.

“Mi irrita molto il modo di raccontare di alcuni nuovi fumetti, ad esempio Dylan Dog e Nathan Never. Mi irritano i loro schemi narrativi, il loro modo di spezzare le sequenze. E mi da pena il fatto che mi irritino”

“La mia regola suprema è sempre stata quella di accompagnare il lettore per mano all’interno dell’avventura. Invece i nuovi autori puntano molto sulla complicità del lettore, senza il dovere di spiegare tutto quello che sta accadendo”

“Quando ho passato Zagor a mio padre Gianluigi, creatore di Tex, ho capito che gli faceva proprio schifo, che per lui era una scelta ignobile aver creato un personaggio come Cico. Così lo toglieva di mezzo all’inizio della storia facendolo finire in prigione o moribondo all’ospedale. Mio padre ha una visione molto eroica dell’avventura: penso che non gli siano piaciuti nemmeno i Tex che ho scritto io. Quando usciamo insieme, con reciproca vigliaccheria ma anche con una certa saggezza, evitiamo di parlarne.” 

Il Groucho Marx che tanto ha successo in Dylan Dog non è in qualche modo figlio di Cico?

“Non ho molta memoria per questa cose, ma quando Tiziano Sclavi e Decio Canzio raccontano come è nato Dylan Dog, le nostre chiacchiere in strada, in pizzeria, in redazione mentre cercavamo di mettere a fuoco il personaggio, ecco loro dicono che sono stato io a imporre Groucho. Forse per abitudine, o per intuizione. Dapprima quel personaggio Sclavi non lo voleva, poi ha pensato a Marty Feldman ma io non ero d’accordo per ragioni estetiche. mi dicono che ho voluto Londra invece di New York, scelta banale perché in fondo l’orrore è tradizionalmente più londinese che americano. Comunque non ho il merito vero: quello di aver cambiato il modo di raccontare”

“Il mio modo di raccontare è molto tradizionale. L’irritazione di cui dicevo prima la sento più come lettore che  come editore. Della modernizzazione del fumetto mi sento più vittima che complice. Però questo nuovo modo di raccontare è arrivato da autori che erano da tempo all’interno della mia casa editrice. E allora lì io mi monto la testa e dico che forse è merito dell’atmosfera della redazione, di tutti i miei libri, dei quadri che ci sono qua. Se le cose ci vanno così bene non può essere solo merito della fortuna”