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Francesco Bosco [12/05/2015]

ORO NERO

Che diavolo avete da ridere? Non credo siate tutti iscritti alla lega della temperanza!”

“Certo che no! A proposito, quando riapre il bar?

“Ah! ah! ah!”

Proviamo a domandarci quali sono i requisiti richiesti per diventare scrittore di Tex.

Per caso avere delle idee originali? Oppure essere dotati del lessico giusto? O, forse, far funzionare a dovere il vecchio ma consolidato modello?

Si potrebbe dire che dentro le tre domandine sia “rivendicata” la vita artistica di ognuno dei tre maggiori autori degli ultimi trenta anni su Tex: Boselli, Manfredi e Nizzi.. laddove il primo rappresenta le “idee”, il secondo il “linguaggio, il terzo il “modello”.

E che cosa vogliamo noi? Beh, senza dubbio noi vogliamo tutte e tre le cose… magari disegnate a dovere: Ticci e Villa tutti i mesi, alle prese con “Sulle Piste del Nord”, “Fuga da Anderville” o “Il Passato di Carson”. Ma sì, un capolavoro al mese, l’apoteosi generale sui mezzi di comunicazione… e i forumisti tutti a lanciarsi baci & fiori.

Purtroppo, la realtà è ben altra e deve fare i conti con il fatto che Tex non ha più un solo “soggettista” e quattro/cinque disegnatori. Tex ha, oggi, quattro sceneggiatori e quasi una trentina di disegnatori.

Beh, da quattro sceneggiatori non ci si può aspettare “uniformità narrativa”, così succede che lo stacco tra l’“avventura classica” dei racconti che hanno preceduto, ad esempio, “Oro Nero” e la medesima di Manfredi, diviene irricevibile. E siccome una saga a fumetti con personaggio fisso dovrebbe quantomeno mantenere una “filosofia” unica e incontrovertibile (che è quella del suo creatore), eccoci qui a porre la domanda più legittima del mondo: come si può recepire un “Tex” concepito in forme così disomogenee?

Un bel problema!

“Oro Nero” non è solo in conflitto con l’avventura classica recente di Nizzi e Boselli, ma anche con quella del passato tanto cara al vecchio GLB. Ci starebbe pure, ma nell’episodio specifico il “raggio d’azione” texiano, da sempre contraddistinto dal fattore sorpresa o da quell’essere sempre al limite tra legalità e illegalità -in sostanza libero da schemi-, è sostituito da quello di un eroe che agisce in nome del “politicamente corretto” in faccende comiche che coinvolgono un petroliere che vuole salire in cima al mondo, il fratello di questi completamente scemo, una donna redenta, un giudice carnevalesco e tutta una serie di altre figure d’avanspettacolo che sembrano far parte di un carrozzone itinerante. E se nelle prime 120 pagine la cosa ha retto alla grande, complice il notevole linguaggio manfrediano, nelle successive 100 non solo deflagra tutto l’impianto, ma si ha anche l’onore di vedere Tex nel ruolo del “dibattente” in un processo nel quale quattro ubriaconi seduti ad un tavolo lo fanno pure a fette. Le scene del processo non sono così lontane da certe scene dei film di Totò … “acchiappa a chella” (acchiappa la signorina Goodrich).

Vogliamo poi parlare del Carson “steward”, tipo curva sud dell’Olimpico?

Peccato, perché “Oro Nero” sembrava avviarsi verso il capolavoro di Manfredi su Tex (storia peraltro sorretta da un magnifico Leomacs, fin troppo criticato dalla rete) e invece così non è stato.

L’acqua è pubblica, il petrolio privato? Ma chi se ne frega! C’è forse qualcuno tra i lettori di Tex che in questa sede gradisce essere informato sulla faccenda? Forse che noi non si abbia la percezione e la consapevolezza di ciò che ci succede attorno? Ce lo devono ribadire anche dalle pagine di Tex?

Beh, sembra proprio che Manfredi non abbia capito che il miglior modo di “educare” il popolo texiano è quello di rinvigorirlo e non quello di assillarlo: la “rivoluzione” ha bisogno di integrità e leggerezza e Tex non può appesantirci le giornate con noiosi accenni al sociale… e il Carson macchietta.

Passino il referendum sull’acqua, il Tex casalingo o quello dalla stella splendente sul petto… o addirittura quello del serial killer incompreso (domani forse quello del no-expo), ma non uno sgangherato e bizzarro processo che manco alla sagra della porchetta di Ariccia.

Ecco dunque che non basta avere il “linguaggio”.

Inutile consigliargli il modello, no? Tanto non lo accetterebbe neanche sotto tortura.