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Mauro Scremin [25/07/2009]
Jim Brandon è uno che si fa beffe delle ridicole superstizioni di Winoga. Ai suoi occhi una freccia Shoshone conficcata nel manico di un tomahawk di traverso sul sentiero, un segno indiano che per un selvaggio è una chiara minaccia di sventura a chi lo oltrepassa, non rappresenta certo un problema. E allora strappa la freccia e la spezza così da esorcizzare, crede lui, la paura di Winoga. Ma l’indiano lo avverte: le ombre dei morti si scaglieranno contro colui che ha commesso un tale sacrilegio. Al momento l’incredulo Jim fa spallucce ma qualche pagina dopo, durante la battaglia per la liberazione di Kit Willer, verrà ferito così gravemente che Tex dovrà correre come un dannato per salvargli la vita.
Bisogna ammetterlo: ogni tanto nelle avventure del nostro eroe l’arcano irrompe con tutta la potenza dei segni. E vivendo con i pellerossa Tex comincia a rendersene conto ben presto, come durante l’incontro stupefacente con la strega Na-Ho-Mah che gli fa capire l’importanza di taluni aspetti misteriosi della realtà. "Ho visto troppe cose nella mia vita... - confessa il nostro eroe - cose che lasciano perplessi... e ho imparato a non essere più del tutto incredulo". Occorre forse ricordarlo? A più riprese gli stregoni navajo dovranno interrogare gli spiriti e fare appello alle forze misteriose della natura ogniqualvolta si profilerà la terribile minaccia di Mefisto.
Tex ha un profondo rispetto delle loro visioni, ma non li teme. Egli stesso, in quanto capo dei Navajos e membro della Grande Fratellanza, è un uomo della medicina e gli stregoni gli devono obbedienza. “E se qualcuno di loro tenterà di fare il galletto – esclama minaccioso –, gli farò saltare tutta la testa, quanto è vero che mi chiamo Tex”. Parole messe subito in pratica con l’irrispettoso Shivatuan, malmenato dal nostro eroe senza tanti complimenti, privato delle sue insegne di stregone e infine cacciato con disonore dal villaggio.
E anche in questa avventura l’itinerario che lo precipita nelle terre dell’abisso è lastricato di segni e di profezie, ed è un percorso che ha l’aspetto sinuoso di un serpente attorcigliato attorno a una freccia che sembra quasi indicare il cammino che porta l’uomo alla conoscenza suprema, a oltrepassare i limiti stessi dell’umano. Di fronte allo sguardo terrorizzato di Ko-Hocei, colto nell’atto di seppellire lo strano feticcio, anche Tex sembra esitare: non per niente impedisce a suo figlio Kit di dissotterrare il misterioso oggetto e preferisce correre egli stesso il rischio di essere colpito dalla sventura. Di grande suggestione è soprattutto la descrizione del mito di Mah-Shai da parte di Ko-Hocei: Mah-Shai, la bellissima strega del Colorado, colei che è custode dei misteri e dispensatrice di sapienza agli stregoni che si lasciano assoggettare al suo potere e riconoscono la sua autorità. Grazie a lei gli stregoni compiono grandi prodigi e guarigioni miracolose, parlano coi morti e pronunciano grandi profezie. Lo stregone Omhopi rivela a Tex come da uno strano miscuglio di foglie rosse e polveri la potente sciamana ricavasse una sostanza dalle proprietà allucinogene che faceva fumare ai suoi adepti in una sorta di rituale iniziatico, sostanza usata come veicolo di conoscenza, come accesso a un diverso e più alto livello di percezione, come chiave che apre invisibili cancelli e che accompagna l’iniziato nella grande ricerca sulla pista della vita.
Innegabilmente ispirata al “Viaggio al centro della Terra” di Verne ma anche ad antichissime mitologie, la successiva discesa in un sotterraneo regno dei rettili, lì dove cresce il portentoso fiore dell’eterna giovinezza e dove vive “il padre di tutti i serpenti”, conserva un innegabile sapore iniziatico. E in questi abissi Tex, Kit e Tiger, come smarriti in un labirinto, saranno costretti ad affrontare prove e pericoli di ogni genere alla spasmodica ricerca di una via d’uscita che li riporti alla luce. Il nostro eroe l’aveva predetto: “Sarà un po’ come scendere nell’anticamera dell’inferno”. E la salvezza è uno stretto cunicolo dove i tre amici saranno costretti a procedere carponi, un passaggio angusto che ricorda ben più famose risalite al “chiaro mondo”.
Immagini potenti, miti e simboli di sempre, archetipi mai tramontati: la donna e il serpente... il segreto dell’eterna giovinezza... la leggenda della terra cava… la discesa agli inferi...
Non c’è che dire: qualcuno potrebbe definirla, questa, una storia che andava bene agli ingenui lettori degli anni ’60. Ingenui magari sì, ma capaci ancora di meravigliarsi.
("Le terre dell’abisso" e "Duello a Laredo", nn. 47-48)