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La leggenda

Mauro Scremin [28/08/2009]

SANGUE NAVAJO

Dalla parte di chi perde

"Guardali, Aquila della Notte! Guardali". E Tex, ammutolito di fronte a tanto strazio, non può che contemplare i corpi dei cinque ragazzini che i Navajos in processione gli depongono davanti. E’ uno dei momenti più intensamente coinvolgenti di tutta la saga texiana, siamo di fronte a un passaggio culturalmente fondamentale: nelle pacate ma indignate parole di Grande Alce è scolpito un atto d’accusa verso un’intera civiltà. Ma niente è forse più emblematico dell’immagine intensa e bellissima di Tiger Jack di pagina 76, i capelli mossi dal vento, un’espressione severa e dignitosa dipinta nel volto, lo sguardo che sembra fissare il lettore...
Già in un episodio precedente i Navajos avevano affrontato una mortale minaccia a causa della scoperta di ricchi giacimenti auriferi all’interno della loro riserva (Rinnegato, n. 41). In quel momento Tex vide profilarsi una terrificante prospettiva per il suo popolo: con l’invasione dei cercatori d’oro si sarebbero realizzati i loschi piani di coloro che volevano impadronirsi di quei territori e alla fine, risospinti verso il Deserto Dipinto, i Navajos sarebbero morti di stenti. I manovratori del complotto avevano assoldato anche una banda di mercenari con il compito di seminare ”un certo numero di scalpati lungo le piste dei territori Navajos” e un giornalista prezzolato avrebbe suscitato l’indignazione popolare diffondendo notizie di atroci massacri perpetrati ai danni di innocenti pionieri.
Anche in “Sangue navajo” sono toccati i difficili rapporti tra due mondi, tra due civiltà, una delle quali considerata storicamente "inferiore". Ma molto di più della sopravvivenza dei pellirosse, qui è in gioco il ruolo della verità, la sola in grado di riparare i torti e vendicare le offese, quella verità che, come ammette lo sceriffo di Gallup, “di questi tempi pare sia molto pericoloso dire o ascoltare”. E nella battaglia in nome della verità il personaggio chiave dell’intera vicenda è un onesto “scribacchino” che saprà coraggiosamente difendere questo principio a rischio della sua stessa vita.
Per questo lo svolgimento del conflitto subirà una svolta decisiva proprio quando il giornalista Martin Floyd, ingaggiato da Tex come “corrispondente di guerra”, riuscirà ad orientare l’opinione pubblica a favore degli indiani. Tra l’altro è noto che Tex, assunto ormai il ruolo di vero e proprio Lord Protettore dei Navajos, dispone di tanto oro da poter sostenere una lunga guerra contro le giacche azzurre, quello stesso oro che alla fine servirà da risarcimento per la distruzione di Forte Defiance. Ma d’altra parte il nostro eroe sa perfettamente che i suoi pellirosse non hanno alla lunga la minima probabilità di battere l’esercito, perciò non è scatenando una sanguinosa guerra indiana che si potrà ottenere giustizia.
In realtà, al di là dello scontro incruento tra Tex e i Navajos da una parte e le giacche azzurre dall’altra, in questa avventura viene messa in scena una sorta di resa dei conti con la Storia, una Storia letteralmente presa a schiaffi allo stesso modo in cui il colonnello Elbert viene malmenato senza rispetto da uno scatenato Bonelli-Tex. In questo genuino revisionismo storico datato 1961 l’autore ci regala una splendida rappresentazione capovolta della realtà. Nel mondo rovesciato di Tex le cose sono rimesse al loro posto: qui vince la giustizia, i politicanti corrotti vengono stanati, Hope e Barlow sono riconosciuti colpevoli, gli indiani vedono rispettate le loro ragioni...
Ai Navajos viene comunque sottratto il diritto di vendicarsi, Tex decide che sarà la legge dei bianchi a fare giustizia e per raggiungere lo scopo metterà in gioco tutto se stesso assumendosi un’immane responsabilità. E alla fine di una guerriglia che non conosce spargimento di sangue, se si esclude il ferimento di Kit Willer che si dimostra sempre più all’altezza di suo padre, la vittoria gli arride anche se Hope e Barlow sfuggiranno alla vergogna del patibolo. E’ vero che nella finzione narrativa Tex trionfa sempre, anche contro un nemico più forte: ma qui, come in altri momenti della saga, il suo splendido eroismo consiste ancor di più nello schierarsi dalla parte dei vinti, costi quello che costi. Questa è la lezione, questa è la verità cristallina: il sangue navajo reclama vendetta, sì, ma la vendetta sulla Storia, la Storia dei vincitori, dei più forti, di coloro che per questo hanno sempre ragione...

(“Sangue navajo”, “Guerriglia” e “Il grande re”, nn. 51-53)