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Francesco Bosco [15/10/2017]

Mister 45

Tra le storie di Tex definite “minori”, o peggio ancora “riempitivo”, appare nella serie Cobra, dal 22 agosto 1966 al 12 settembre 1966, “Oro nero” nella sequenza dei titoli “Oro nero” (39), “Lotta senza quartiere” (40), “Una visita inattesa” (41) e “Dente per dente” (42), per i testi di G. L. Bonelli e i disegni di Galleppini (matite), Gamba (chine) e interventi di Raffaele Cormio.

Difficile capire se la definizione “riempitivo” derivi dal fatto che si tratta di una storia breve, come per le mitiche “Avventura sul Rio Grande”, “Il mistero delle Montagne Lucenti”, “Guerra sui pascoli”, “La regina dei fuorilegge”, “Sulla frontiera del Nevada” o se proprio la loro brevità sia indigesta a tutti coloro che considerano la narrazione Texiana sviluppabile solo a sequenze di non meno di un paio di albi.

Allora potremmo tranquillamente dire che Tex è un quasi totale riempitivo per i primi 100 numeri, anche se qualcuno identifica in “Gilas”, “La dama di picche”, “Gli sterminatori”, “A sud di Nogales”, cioè storie cosiddette dell’epoca d’oro post 100, come “riempitivi”. Riempitivi di cosa? Non sarà che proprio il gettar addosso a questi gioielli ombre immeritevoli faccia perdere il gusto di leggere le “minori” a chi si approccia per la prima volta a Tex?

Del resto, se si apre un blog texiano, un sito dedicato all’eroe o qualsiasi forum in cui si discuta di Tex, si scoprirà presto che “Il figlio di Mefisto”, “Terra promessa”, “La cella della morte”, “Il giuramento” o “Sulle piste del nord” sono tra le più gettonate per un commento o un articolo mentre quasi nessuno ricorda, ad esempio, “Oro nero” e compagnia cantante.

Narrativamente le lunghe storie hanno più presa tra i lettori, ma Tex è caratterialmente lo stesso in ogni anfratto della saga ed ha la stessa e identica valenza: e forse proprio dalle storie brevi escono gli aspetti più dirompenti e "scorretti" del personaggio, un Tex della "penombra", ai più sconosciuto o non meritevole di essere preso in considerazione o sul quale addirittura è meglio soprassedere.

Nelle storie epocali Tex dedica alla morte di Gentry solo un paio di vignette, a quella del padre addirittura una. Ma come? Gentry si fa in quattro per guidare l’amico tra le gole del Grand Canyon e lui non lo ricompensa neanche con una cerimonia funebre, un pensiero? E al padre tutto quello che riesce a fare è guardarne il cadavere dall’alto? Nessuna sorpresa, G. L. Bonelli ha sempre solo sfiorato certe “tematiche”, vuole ricondurre al più presto il lettore nell’alveo per cui il personaggio è stato costruito: il dolore per la scomparsa dei propri cari, degli amici, il lutto in generale, non può e non deve primeggiare rispetto alla radice “fondativa”. E in genere è proprio nelle storie brevi che non si ha modo di incagliare in questioni intime che riguardano l’eroe. Al contrario nelle storie brevi emerge quel Tex capace di interpretare al meglio la parte del “sovvertitore” mandando in tilt con azioni spregiudicate e senza mezze misure un intero sistema criminoso. Ciò che appunto avviene in “Oro Nero”, dove l’amico Filippo Iiriti ha puntualmente segnalato le vignette dialogate - e che dialoghi - a corredo dell’articolo. “L’arma psicologica preferita di Tex: l’intimidazione mafiosa!”, scrive Filippo, in un angolo della rete. E continua: “Vogliamo parlare di infallibilità? La cosa più particolare di questa storia è che alla fine Tex... le prende! Saranno Kit e Tiger a riportare l’ordine in paese a suon di dinamite, mentre Tex se ne sta a letto con due pallottole in corpo”.

Tacito che in questo ormai continuo commentare il Tex delle lunghe storie, certe tesi possono anche creare qualche imbarazzo (se non totale confusione) in coloro che vedono il personaggio in una sola maniera, ma tant’è.

In fin dei conti, con questa roba (col Tex eversivo e amante della ritorsione, intendo) qui ci si potrebbe fare un album… chiaramente non quello di inutili ed insulse figurine commemorative, ma un album di diaboliche figurine dialogate pescate dai “riempitivi”. Forse gli album sarebbero però più di uno.

“Ehi, e questo dove lo butto?”