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Emanuele Mosca [14/12/2015]

Le Copertine di Giovanni Sinchetto

Come ho scritto nel mio precedente articolo, l’unica copertina che Giovanni Sinchetto ha firmato nella sua carriera è quella del numero sette di Ardito, collana di ventisei numeri edita dalla Dardo all’inizio degli anni Cinquanta. Questa copertina è stata poi riproposta ai lettori per un numero di West Comics, un albo, edito sempre dalla Dardo nel 1953, che ristampava il rarissimo Calendario del West uscito l’anno precedente (e dove fu pubblicata la bellissima storia fuori serie di Capitan Miki La diligenza di Carson City, omaggio della ESSEGESSE al celebre film di John Ford, Ombre Rosse).

Guzzon e Sartoris hanno sempre ammesso la “superiorità” tecnica di Sinchetto ed è proprio per questo che, durante gli anni della loro collaborazione, hanno relegato al collega il ruolo di copertinista più o meno ufficiale di tutte le loro produzioni. Negli anni Cinquanta il Nostro ha realizzato le cover dei primi diciotto numeri di Kinowa Serie Quadro: in questo caso il disegno del Maestro torinese viene esaltato dalla larghezza del formato e, nelle caratteristiche pose dell’anti-eroe mascherato di Lavezzolo, s’intravede il segno e la personalità del disegnatore di razza. Ma è con Capitan Miki che il talento visivo, nonostante il formato ridotto della Striscia, si mette in evidenza, soprattutto nelle prime e introvabili serie. Non è facile quantificare quante siano le copertine di Sinchetto realizzate per la Collana Scudo. Dei 718 numeri di Miki quasi tutte portano la sua “firma”, così come senz’altro sono sue le prime tre magnifiche Raccoltine a Striscia del giovane ranger, albetti che oggi hanno un enorme valore collezionistico.

Quello delle ristampe è sempre stato un mercato florido per il fumetto popolare negli anni Cinquanta e, le serie dei personaggi più letti, erano ristampate in formati alternativi e in edizioni curate. Albo D’Oro, Libretto, Striscia, Raccolta, sono alcune delle tantissime diciture per indicare pubblicazioni di vario tipo che tentavano la fortuna nelle edicole. In questa vetrina di albi, il mitico Galep in quel periodo ha disegnato tutto quello che riguardava Tex, mentre la ESSEGESSE ha lasciato spazio anche ad altri validi autori che hanno realizzato per Blek e Miki svariate cover. L’Albo D’Oro di Capitan Miki, per esempio, fu una delle primissime ristampe dedicate al loro primo personaggio e Sinchetto ha realizzato diciassette di queste copertine utilizzando un notevole stile “pittorico” e una colorazione diversa da quella tipica delle serie a Striscia.  

Nel 1954 la ESSEGESSE lancia sul mercato Il Grande Blek, serie pubblicata nella Collana Freccia. Il successo editoriale del celebre trapper durerà fino al 1965 e per 530 numeri, anche in questo caso con quasi tutte le cover realizzate da Sinchetto che però non firma nessuno delle sue copertine. Ma è secondo me la famosa Serie Alternata, uscita negli anni ’70 e che riproponeva, per l’ennesima volta, i due eroi della ESSEGESSE in una nuova veste editoriale, a meritare qualche riga di elogio. In questo caso Sinchetto, nelle quarantotto copertine che ha prodotto per questa ristampa, si è lasciato andare a dei veri e propri virtuosismi grafici: l’ampiezza del formato, lo sfondo genericamente bianco, colori accessi e accattivanti, i personaggi statuari di Miki e Blek che sembrano uscire dalla copertina e un disegno realistico e pulito fanno di queste cover e di queste ristampe le più apprezzate di tutta la sua produzione.

Sinchetto ha collaborato negli anni Cinquanta anche con la Bonelli, soprattutto nella realizzazione delle ultime tre copertine di Yuma Kid e in Il Cavaliere Nero: in questo fumetto, creato dal vulcanico G.L. Bonelli, le 34 copertine in formato Libretto ci mostrano un eroe dal volto tipicamente “raymondiano”, perché l’illustratore americano era chiaramente un punto di riferimento per l’autore torinese. Anche con Alan Mistero, personaggio edito “in proprio” dalla ESSEGESSE, il Nostro ha realizzato le 23 copertine che hanno caratterizzato questa sfortunata serie.

Con l’uscita de Il Comandante Mark (Nuova Collana Araldo 1966) il lavoro del trio torinese trova una stabilità maggiore e, soprattutto, il successo del pubblico che, ininterrottamente e per ventitré anni in Italia (ma anche in Francia, con copertine inedite eseguite per quel mercato) ha seguito le gesta dell’eroe dell’Ontario. Con Mark il lavoro di Sinchetto sulle copertine è facilmente individuabile, tanto che ho contato 230 cover da lui disegnate, mentre le altre sono tutte di Sartoris (a parte una di Guzzon, l’albo intitolato La pazza di Ithaca - Araldo 274). 

Dopo il suo ritiro, quasi verso la fine degli anni Ottanta, Sinchetto dedicò l’ultima parte della sua carriera nella realizzazione grafica delle ristampe dei suoi personaggi più famosi. La Dardo rilanciò in quel periodo, e per l’ennesima volta nelle edicole, i fumetti di punta della ESSEGESSE: quindi abbiamo avuto Tutto Miki (35 numeri), Blek (17 numeri) e Kinowa (9 numeri) con copertine inedite di Sinchetto. Così come quelle per i due albi speciali fuori serie dedicati alle “opere minori” del trio torinese: Stormy Red e soprattutto Trapper, un volume, quest’ultimo, a me molto caro e che è uscito nel giugno 1991, data della sua ultima copertina ufficiale a essere pubblicata. Sono proprio queste cover ad aver un’importanza affettiva per me perché rappresentano gli ultimi lavori del Maestro, ma anche perché quelle ristampe sono i primi fumetti che ho letto e comprato in edicola, oltre a Tex.

Voglio concludere chiarendo che la stesura di quest’articolo, come quello precedente, è tipicamente nostalgico ed emozionale. Naturalmente in questo caso, più che in quello precedente, qualsiasi svista è da attribuire a me soltanto. Ho cercato, però, di fare un po’ di chiarezza su un aspetto del lavoro di Giovanni Sinchetto oscuro e spesso ignorato dalla critica. Le centinaia di copertine che ha realizzato in quarant’anni di attività rappresentano un patrimonio assoluto e, secondo il mio modesto parere, andrebbero riscoperte e collocate storicamente in un ambito critico e cronologico che dia il giusto valore a un disegnatore troppo spesso dimenticato e che invece, insieme a Guzzon e Sartoris, merita un posto speciale nell’Olimpo del cosiddetto “Fumetto Popolare”.