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Francesco Bosco [28/09/2015]

FRONTERA

AL DIAVOLO LE FACCE. Ho sempre la testa un po’ altrove quando leggo fumetti e questo dipende molto dal fatto che spesso sono attratto dai disegni, a cui sono abituato a dar peso tanto quanto al racconto. Non so bene da cosa dipenda questa mia perenne distrazione; probabilmente dal fatto che mi attira studiarli, analizzarli e, se mi piacciono, gustarli... oppure perchè nelle mie mire giovanili c’era quella di fare il fumettista.

Quando ho sfogliato “Frontera” ero seduto nella piazzola di un bar, in attesa di vecchi amici che non vedevo da anni. Verso la fine di settembre il sole delle 4 del pomeriggio comincia già a picchiare in diagonale e questo mi faceva riverberare negli occhi lampi di luce intensa provocati dalle lucide pagine dell’album. Non sapevo, dunque, se cominciare a leggerlo seduta stante o se rimandare tutto in serata standomene comodamente sdraiato sul divano di casa. Seconda opzione: sotto quella dannata luce non riuscivo proprio a distinguere il tratto di Alberti, tanto era poi scura la colorazione di alcune pagine del volume. Meglio trovare condizioni più adatte. Così l’ho riposto nella tasca laterale della custodia della mia Fender e, nell’attesa, ho consumato una bevanda.

Ad ogni modo, le prime sensazioni da "bar" sul comparto artistico, riflessi a parte, mi avevano subito fatto cadere la mente su quei fantastici notturni di “Colpo Grosso a San Francisco”, uno dei primi capolavori grafici di Milazzo nella saga di Ken Parker: figure graffiate che uscivano fuori da sfondi neri come la pece! La Francia, poiché la confezione di “Frontera” ripercorre lo stile del cartonato detto appunto alla francese, come pure la disposizione delle vignette fuori dalla canonica gabbia dei fumetti Bonelli, mi è arrivata solo in seconda battuta. Tutt’al più, ho ripensato ai vecchi cartonati de “Un uomo, un’avventura” in autori come Toppi e Micheluzzi: Toppi per i tondi balloon bianchi che emergevano in quelle splendide ed intense tavole de "L’uomo del Messico"… Micheluzzi per il “graffio” nella sua indimenticabile lunga e sottile striscia de "L’uomo del Tanganika".

In effetti nella tavola di Mario Alberti la luce, in alcuni punti, è “scarsa”, ma l’effetto dura una frazione di secondo. Emerge quella sostanziale e tanto efficace impostazione da impressionarsi come una lastra di stampa nella mente del lettore. Mentre il tratto tagliente dell’autore si addice perfettamente alle dimensioni della lunga e sottile striscia, immagino non facile da affrontare.

Al diavolo le facce?

E dire che avevo molti dubbi sull’Alberti di “Frontera”! Non mi entusiasmavano né la copertina, né le tavole dello stesso autore, proposte in anteprima dalla Bonelli Editore. In più, non mi convinceva nemmeno lo stravolgimento concettuale del progetto da cui si era partiti: un autore, una storia, un disegno (vedi "L’eroe e la leggenda" di Serpieri).

Ok, mancava solo la lettura (ed una più attenta visione dei disegni), che purtroppo non è avvenuta quella sera, causa lunga seduta musicale e pizza applicata, ma solo il mattino successivo.

A volte succede che sono gli autori a portarti ad una pausa o ad un momentaneo distacco dalla lettura, e ciò avviene quando cerchi di scoprire chi è quel tizio e che cosa ci fa lì… oppure se dentro una vignetta è stato disegnato qualcosa che non puoi perderti (con Boselli accade). Ma io, per quanto cronicamente distratto, ho attaccato dalla prima pagina arrivando all’ultima senza un attimo di sosta, nemmeno quando la mia vecchia abitudine poteva facilmente prendere il sopravvento di fronte alla vista di certi volti di Tex. Sì, al diavolo le facce!

Chiuso l’album (pare che si chiami così questa collana: Album d’autore), mi sono chiesto: “E perché questo gioiello a fumetti non si è materializzato prima?”. Mah, forse perché innovare Tex non è di fatto possibile, ma è possibile scriverlo (e disegnarlo) in una formula “nuova”, sia estetica che letteraria. Esattamente quello che è accaduto.

“Frontera” è un racconto che esce fuori dalle “regole” del mensile. Un impegno non facile, immagino, ma che facilmente (re-immagino) possa essere stato agevolato dalla opportunità di sperimentare la scrittura texiana su una dimensione di totale “scommessa”. Da ciò ne è uscito, appunto, “Frontera”. La storia la si potrebbe sintetizzare come “storie di personaggi che incrociano i loro destini per volere della bella Blanche Denoel", una vicenda narrata ed illustrata così impetuosamente da farla sembrare un lampo grafico/letterario. Ma è anche qualcosa di più: un paletto ben piantato nella terra da prendere come fondamento per il proseguo della collana. 

La storia non è proprio lineare, anzi è giocata su una struttura apparentemente rettilinea esaltata da alcuni "colpi" in fase di sceneggiatura, ma non sono ammesse distrazioni, altrimenti ti ritrovi a chiederti "chi è quel tizio e che cosa ci fa lì?". Qui tutto torna.

Torna anche l’azione carsoniana, lavorata superbamente in parallelo, così come torna quella che troppo spesso è destinata alle critiche: la pagina finale dei cosiddetti convenevoli.

Insomma, una soddisfazione per un vecchio tradizionalista come il sottoscritto (che peraltro non ha mai disdegnato le “novità”) e speriamo una soddisfazione anche per tutti coloro che attendono da sempre il rinnovamento del personaggio, ma che forse non riescono a vedere che la linea tradizionale, specie quella grafica, è ridotta all’osso ormai da tempo. Agitare “L’eroe e la leggenda”, del maestro Serpieri, nel nome di “un Tex finalmente diverso”, laddove Paolo Eleuteri Serpieri presenta una caratterizzazione grafica del personaggio francamente spiazzante e una storia che traballa un pochino, è come agitare una bandiera che non si sa bene cosa rappresenti. Ma questa è solo una mia impressione! La certezza è che davvero la linea "conservatrice" si sta spegnendo, anche a causa della spinta del mondo internettiano e dei suoi nuovi mastini pronti ad azzannarti non appena nomini Galep.

Un appunto: al figlio che gli chiedeva se avrebbero combattuto per il Nord o per il Sud, Tex rispondeva deciso: “Per i deboli e gli oppressi, figlio mio! Non certo per un branco di sporchi e ignobili politicanti” (Gli sciacalli del Kansas). Questo è l’unico appunto che possiamo muovere a Boselli. “Tra due bandiere”, la sergiobonelliana “Tra due bandiere” con quel famoso “Avanti l’Unione…”, non appartiene al vero Tex.