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La leggenda

Mauro Scremin [19/04/2009]

LO STREGONE DEI SABINAS

Il predestinato

“Non te la prendere, Tiger. Evidentemente era scritto che dovessimo cacciarci in questo guaio”. Tex non è superstizioso e neanche credulone, maghi e stregoni non lo impressionano più di tanto, ma comunque ha imparato ad averne rispetto soprattutto da quando vive con i Navajos. “Ho visto troppe cose nella mia vita… - ammette a suo figlio dopo l’incredibile incontro con la strega Na-Ho-Mah - cose che lasciano perplessi circa i poteri straordinari di ‘uomini della medicina’ da me conosciuti personalmente” e aggiunge che non è più tanto incredulo circa le loro capacità divinatorie (Frecce nere, n. 26). Del resto Aquila della Notte è qualcosa di più di un semplice capo tribù. Non per niente la strega Rascar strabuzza gli occhi di fronte al Sacro Segno dei Navajos che il nostro eroe le esibisce e che attesta la sua appartenenza alla congrega della Grande Fratellanza. Tex conosce i segreti degli stregoni, tratta con loro da pari a pari e non si lascia intimidire dai loro trucchi. Nel presente caso smaschera con la consueta brutalità il complotto ai danni di Too-Nai ordito da Tabual, l’intrigante stregone dei Sabinas, le cui menzogne lo irritano talmente da provocarne una feroce reazione a suon di insulti e minacce di morte. Ma qui in realtà le vicende dei Sabinas fanno solo da preludio di una storia che, sulle orme del ranger, introduce il lettore nella dimensione del fantastico e del meraviglioso, in quel genere letterario che, mescolato al racconto western convenzionale, fa di questa avventura un incandescente concentrato dell’ispirazione bonelliana, dove il lettore viene trascinato all’interno di scenari sempre diversi: dalle barbariche tenebre del mondo dei cani Rossi all’incomparabile luminosità della Città d’Oro, in un passaggio progressivo da un universo all’altro che è anche un muoversi a ritroso nel tempo, al punto che l’inconcepibile acquista consistenza, il miraggio diventa realtà, la narrazione si fonde col mito. E come nei grandi miti, tutto qui è decretato dal fato, la missione dell’eroe è nell’adempimento di una profezia. Nella sua inesorabile avanzata attraverso il deserto, al di là delle Terre Selvagge, oltre la barriera dei Monti Pallidi, inoltrandosi negli angoli più remoti e lontani dalla civiltà, Tex incarna la figura dell’inviato dal destino: egli è colui che è stato preconizzato dagli oracoli. Gli stessi Cani Rossi sopravvissuti allo sterminio riconoscono in lui quel “guerriero bianco” che sarebbe calato dalle Terre Alte per porre fine al loro mondo. Egli è il distruttore che oscuri vaticini avevano preannunciato. La fine dei Cani Rossi anticipa il destino che attende anche la Città d’Oro, un microcosmo dove il tempo si è fermato, una comunità dell’Antico Regime in miniatura, teatro di complotti, intrighi di palazzo, tradimenti e rivolte popolari: un piccolo paradiso circondato da una natura ostile, meraviglioso frutto degli sforzi di tutti coloro (conquistadores, mercanti, avventurieri, prostitute, gente di ogni risma) che qui erano giunti secoli prima spinti dalla cupidigia. Tex vi irrompe come un corpo estraneo che si insinua nel tessuto di un mondo anacronistico provocandone la crisi e accelerandone la dissoluzione. La sorte è ormai segnata: i sinistri presagi degli stregoni si incrociano con i segni celesti che annunciano l’approssimarsi della fine. Tutto sembra muovere verso il tragico epilogo. Invano Nostradamus mette in guardia il Principe Nero, tiranno della città: “Siamo sotto il segno del Leone e le stelle sono contro di voi”. Con la scomparsa dei Cani Rossi, vera e propria barriera di anticorpi, cade il diaframma tra i due mondi e niente può più fermare l’apocalisse che incombe. “Dopo di me, il diluvio”: il motto di Luigi XV sembra coniato apposta per il Principe Nero. La fine è ormai scritta nelle stelle e proprio un piccolo diluvio universale suggellerà definitivamente la parabola della Città d’Oro. E’ questo lo stupefacente ultimo atto di una tra le più straordinarie avventure che si succedono in quell’incredibile sequenza di albi che parte dal n. 29 (Il Coyote Nero) e arriva al n. 56 (La rivolta): avventure dal fascino potente nelle quali Tex sembra mosso da un irresistibile impulso che lo porta ad affrontare situazioni sempre nuove e inconsuete, che lo spinge a provare esperienze terribili, a correre rischi mortali, a sciogliere enigmi, a svelare misteri. E qui il pensiero corre irresistibilmente a Ulisse  e a ciò che di lui dice Omero: “… di molti uomini le città vide e conobbe la mente…”.

("Incendio allo Star-O", "Lotta per la vita" e "Una audace rapina", nn. 42-44)